Una delle cose che più mi affascina e diverte in Giappone è lo stare ad ascoltare le vecchie storie, i racconti degli anziani.
Era da un po' di tempo che non riuscivo a ritagliarmi dello spazio per star ad ascoltare vecchie storie (che non fosse per raccogliere materiale per un mio
qualche libro), ma finalmente ci sono riuscito e... beh, eccoti una storia che mi è particolarmente piaciuta.
Tanto, tanto tempo fa, in Giappone viveva un uomo di indole coraggiosa di nome Tawara Tōda.
In realtà il suo vero nome era Fujiwara Hidesato e quella che stai leggendo è la storia di come finì per cambiare nome.
Hidesato era un uomo di grande coraggio, un continuo sognatore di grandi avventure, tuttavia la vita gli aveva offerto solo una susseguirsi di giorni monotoni e poco interessanti.
Così, un giorno, soverchiato dalla sua fame di avventure, senza dir niente a nessuno, semplicemente prese il suo arco (molto più alto di lui), una faretra di frecce, le sue due spade (poiché,
appartenendo alla Famiglia Fujiwara egli era a tutti gli effetti un Samurai) e partì.
Non aveva, tuttavia, percorso molta strada che si ritrovò dinnanzi il grande Lago Biwa a sbarrargli il passo.
A non troppa distanza poté scorgere un ponte, così vi si incamminò: questo era il ponte Seta no Karashi ed era, all'epoca, tristemente noto per non essere attraversabile.
Quando il prode Hidesato vi si accostò, scoprì il perché di queste voci: un temibile, enorme dragone vi dormiva sopra!
Il corpo dell'incredibile creatura era così grosso da coprire l'intera larghezza del ponte e largo quanto un tronco di pino, con un artiglio ghermiva un parapetto mentre la coda si attorcigliava
stretta all'altro.
Il semplice respiro della creatura generava fiamme e fumo.
Per quanto si sforzasse, Hidesato non scorgeva altre vie per raggiungere l'altra sponda del grande lago e ben presto si rese conto che se non avesse attraversato quel ponte, si sarebbe dovuto
arrendere alla sua monotona vita poiché non gli rimaneva altra strada che ritornare indietro: attingendo, così, a tutto il suo coraggio, il prode Hidesato decise di farsi strada e, passo dopo
passo, iniziò ad attraversare il ponte.
Raggiunse il corpo mastodontico e, ora passando tra le spire, ora camminando delicatamente sul grosso corpo, senza mai voltarsi indietro, riuscì a passare oltre.
Aveva appena guadagnato la riva opposta, quando, alla sue spalle, una voce.
Voltandosi per vedere chi avesse parlato, poiché in quella direzione si trovava solo l'enorme dragone addormentato, rimase a dir poco sorpreso poiché della terribile creatura non vi era più
alcuna traccia.
Al suo posto vi era un anziano uomo.
Capelli rossi e lunghi ben oltre le spalle, un vestito verde ornato da conchiglie e, sul capo, una corona a forma di dragone attorcigliato: l'anziano uomo, vedendo che il Samurai si era voltato,
si inchinò ad egli, cerimoniosamente.
"Sei stato tu a chiamarmi?", chiese il Samurai che ben si rendeva conto che l'anziano non era certo un comune uomo.
"Si", rispose questi, "sono stato io.
Ho una richiesta per te, nobile Samurai: la esaudirai?"
"Se è in mio potere, lo farò", disse deciso Hidesato, "ma prima, dimmi: chi sei tu?"
"Io sono il Dragone Re del Lago e la mia casa si trova proprio sotto questo ponte."
"E cosa vuoi da me?"
"Vedi quella montagna laggiù?", chiese l'anziano, indicando una montagna sulla riva verso la quale si stava dirigendo il Samurai, "un mostruoso millepiedi vi dimora.
Io e la mia famiglia, composta da molti figli e nipoti, viviamo da molti anni in questo lago ma ora il terrore ci attanaglia poiché il millepiedi ha scoperto la nostra casa e ogni notte viene e
porta via uno dei membri della mia numerosa famiglia.
Non avendo dimestichezza con la tua razza, tuttavia, non sapevo a chi rivolgere le mie preghiere e per questo ho deciso di prendere la forma di un mostruoso, enorme dragone e di fingere di dormire su questo ponte: solo il coraggioso che oserà superare una così spaventosa creatura sarà colui che potrà salvare la mia famiglia.
Ho atteso a lungo ma, prima del tuo arrivo, nessuno ha avuto il coraggio di avvicinarsi e, anzi, sono sempre tutti fuggiti, abbandonando la vita da avventurieri e ritornando per la propria strada.
Ma tu, prode, hai proseguito, impavido e per questo io ti prego: abbi pietà di me e della mia famiglia.
Ti chiedo di uccidere il mostruoso millepiedi della montagna, così che io e tutti i membri della mia numerosa famiglia potremo sopravvivere.
Mi aiuterai, prode?"
Il Samurai aveva sentito le antiche storie che parlavano del favoloso palazzo del Re del Mare, ove i servitori erano ogni sorta di creatura marina, ma mai si era aspettato di trovare un altrettanto splendido palazzo sul fondo del Lago Biwa.
Le bacchette erano del più pregiato ebano e il Samurai si dissetava attraverso liquori in bottiglie che erano veri e propri fiori.
Ma giunse la mezzanotte e la gioia e la bellezza svanirono, finendo per ingrigire e tremare dal terrore, quando il palazzo intero tremò a causa di un rombo potente e prolungato.
"Quelli che vedi", disse tremante il Re Dragone, "sono gli occhi del mostruoso millepiedi.
Sta venendo per prenderci, ti prego, uccidilo!"
A queste parole Hidesato aguzzò lo sguardo e vide che oltre le due sfere infuocate si intravedeva la sagoma di un enorme millepiedi che strisciava giù dalla montagna, ma anche a questa vista non mostrò paura e, anzi, con voce sicura, parlò al Re Dragone: "non aver timore perché di certo ucciderò il millepiedi e salverò la tua famiglia.
Fa portare dai tuoi servitori il mio arco e le mie frecce."
Hidesato prese la prima, la incoccò e tese l'arco.
Scoccò e la freccia volò precisa, poiché egli era molto portato per il tiro con l'arco.
Colpì il mostruoso millepiedi proprio nello spazio tra i due occhi fiammeggianti ma la freccia rimbalzò via senza fare apparentemente alcun danno.
Confuso ma per nulla intimorito, Hidesato incoccò la seconda freccia e tese l'arco.
Prese bene la mira e scoccò: ancora una volta il volo della freccia seguì una traettoria precisa e colpì il mostruoso millepiedi nello spazio tra gli occhi ma, ancora una volta, nulla accadde.
Il Samurai guardò la faretra che conteneva una sola freccia e poi si guardò attorno, in quel bellissimo lago in cui si trovava e tanto erano cristalline e luminose le sue acque che gli sembrò come di trovarsi all'interno di un diamante.
Spostò quindi lo sguardo sul terribile nemico e vide quel gigantesco corpo che, scendendo dalla montagna vi si attorcigliava sette volte, tanto era lungo: quegli occhi che sembravano sfere di fiamma si avvicinavano ad ogni istante che passava e il Samurai seppe con certezza che se avesse fallito con quell'ultima freccia che gli rimaneva, sarebbe stata la fine.
Sarebbe davvero stata utile anche contro un simile mostro, una creatura scaturita dai peggiori incubi oscuri?
Il Samurai non aveva altra scelta, per cui estrasse dalla faretra la sua ultima freccia ma prima di incoccarla se ne mise in bocca la punta.
Tese l'arco.
Prese la mira.
Scoccò.
Ma questa volta non rimbalzò inerente sulla sua pelle dura bensì penetro fino a scomparire: il millepiedi venne scosso da tremiti e convulsioni e le sfere fiammeggianti che erano i suoi occhi divenivano via via sempre meno accese, fino a quando non si spensero del tutto, piombando la sagoma della montagna nell'oscurità.
Le tenebre riempirono il cielo, il tuono ruggì con rabbia e un fulmine illuminò per un solo istante l'orrenda carcassa del mostruoso millepiedi, prima che giungesse un forte vento e fu allora che sembrò che il mondo fosse giunto al suo termine.
Il Re Dragone e la sua famiglia si nascosero in preda al terrore e l'intero palazzo tremava da cima a fondo, quasi volesse crollare da un momento all'altro: solo Hidesato rimaneva di veglia sul balcone.
Il Samurai rientrò nel palazzo e chiamò il Re Dragone affinché uscisse dal suo nascondiglio per dirgli che aveva compiuto la sua missione e che la sua famiglia non aveva più nulla da temere.
Venne subito apprestata un'altra festa e questa fece impallidire perfino la precedente, tanto sfarzosa fu: ogni tipo di pesce venne cucinato in ogni modo possibile, crudo e cotto, bollito e grigliato, e venne servito su vassoi di corallo e piatti di cristallo puro e il liquore fu il più buono che il Samurai avesse mai bevuto.
Il Re e la sua famiglia ne furono dispiaciuti ma compresero le motivazioni del Samurai, tuttavia lo pregarono quantomeno di accettare dei piccoli doni, come ringraziamento.
E fu così che Hidesato si ritrovò a riprendere la via di casa con un seguito che sembrava non avere mai fine di servitori, i quali erano poi nient altro che pesci tramutatisi in uomini, così da poter trasportare i doni che il Re Dragone aveva apprestato per il Samurai.
E i doni erano davvero stati piccoli in dimensioni e pochi: semplicemente quattro erano, e ovvero una campana di bronzo, una cesta di riso, un rotolo di sera e una pentola per famiglie.
Hidesato provò a rifiutare anche il corteo, ritenendolo eccessivo per soli quattro oggetti di modeste dimensioni, ma alla fine si arrese all'insistenza del Re, comprendendo i suoi nobili e sinceri sentimenti.
E così, il Samurai, salutato da mille inchini, riuscì a tornare a casa.
Era mattina inoltrata quando Hidesato riapparve ai confini della città che ancora i servitori si chiedevano come fare per ritrovare il Samurai, per cui grande stupore li sconvolse nel vederlo tornare alla testa di un così magnifico corteo.
Ma non di meno, grande stupore crearono i doni del Re Dragone.
La cesta di riso non esauriva mai il suo contenuto, non importava quanti uomini ne attingessero o quanto se ne mangiasse... e, da quel giorno, Hidesato e i suoi uomini non dovettero mai più comprare del riso.
Anche il rotolo di seta non si esauriva mai, non importava quanta se ne tagliasse o quanti vestiti venissero confezionati tramite essa: il suo volume pareva immutabile e così Hidesato e i suoi uomini non dovettero mai più comprare vestiti.
La pentola non si rivelò da meno e permise di cucinare senza che servisse alcun fuoco, il che già di per sé si rivelò essere un gran bel risparmio, ma, inoltre, a prescindere dall'abilità del cuoco che la utilizzava, tutto ciò che vi si cucinava risultava squisito.
E fu così che Fujiwara Hidesato ebbe soddisfatta la sua smania di avventure e divenne un uomo ricco e potente e, da allora, venne ricordato da tutti col nome di Tawara Tōda*.
In alcune tradizioni, inoltre, il Re Dragone vien sostituito da una Principessa Dragone.