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Tanabata e tutte quelle altre cose giapponesi che non sono giapponesi ma che in realtà lo sono

 

Sembra quasi una moda il cui scopo finale, se mai ne avesse uno, sinceramente, non comprendo: mi riferisco al cercare, a volte anche "disperatamente", di trovare un'origine cinese per un po' tutto ciò che è giapponese... anche quando questa origine è diversa o, semplicemente, non vi è un'origine estera.
Così, stavo pensando proprio a questo quando, come ogni anno, è giunta la festività del Tanabata (
七夕, lett. "Settima Notte") e tutto il popolo del web si è riscoperto, improvvisamente, sia yamatologo che scopritore/divulgatore di antica cultura cinese... ne ho voluto, quindi, approfittare, per far due chiacchiere con te, mia cara lettrice e mio stimato lettore, riguardo questa ed altre origini non giapponesi... e non cinesi.

 

Tanabata, o S. Valentino giapponese, o, ancora, S. Valentino cinese.
Insomma, tutto un "versione di" che rimbalza un po' qua e un po' là per il mondo senza darsi sosta.
Quanto sarebbe più facile riferirsi al Tanabata (e, come al Tanabata, anche a tutto il resto) semplicemente parlando di ciò che è...

forse troppo facile?
Ma, in fondo, la bellezza non sta nelle cose semplici?
Forse si e forse no...

Ok, sto divagando.

 

Tanabata è una festa tradizionale in Giappone che riunisce tutto il Paese.
I Kanji che compongono questa parola indicano il numero 7 e il concetto di notte, dando, quindi, alla parola Tanabata il significato di Settima Notte.
In effetti questa festività dovrebbe svolgersi la settima notte dell'anno... che, tenendo conto delle origini del calendario giapponese legate al calendario lunare (e qui si iniziano con le varie "che è stato copiato dai cinesi" che non tengono conto che il calendario lunare è un qualcosa di generatosi in svariati punti del mondo nelle antiche culture e diffusosi pressoché ovunque... senza poter realmente incolpare nessuno di furto), non avrebbe senso ritrovare il 7 Luglio ma che è stata "ufficializzata" in questa data per semplicità numerica (giorno 7 del mese 7).
Fortunatamente non tutto il Giappone ha aderito a questa ricollocazione e difatti ritroviamo ancora città che celebrano la festività in date più corrette, prima tra tutte la città di Sendai che segue proprio il calendario lunare (anche se, ovviamente, nella sua versione moderna).

La storia alla base di questa festività (ufficialmente non connessa a nessuna delle religioni giapponesi) narra di come due abitanti del Cielo, la Principessa Ori (nome completo Orihime... ma, attenzione, perché "hime" vuol dire, appunto, "principessa", per cui, tecnicamente, Principessa Orihime sarebbe come dire "Principessa Principessa Ori"... ma va bene anche così, d'altronde per questa festività, come per altre occasioni oramai ben note, molti sul web si sono riscoperti accorati conoscitori di festività e tradizioni giapponesi, mica di lingua giapponese!) e l'allevatore di vacche celesti Hikoboshi (dove "boshi", ovvero "hoshi", indica proprio il concetto di stella) si fossero innamorati.
La Principessa Ori aveva in carica il ruolo di tessitrice per gli Dei del Cielo mentre Hikoboshi, appunto, portava al pascolo e accudiva le sacre bestie... ma da quando i due si videro per la prima volta, tale e tanto fu il loro amore che smisero di far qualsiasi cosa che non fosse bearsi l'uno della compagnia dell'altra.
E in una società così dedita al lavoro e al sacrificio per gli altri (e le similitudini tra la società giapponese e quella cinese qui sono evidenti, anche se, col passare del tempo, nonostante la loro origine comune nel Confucianesimo, hanno preso strade del tutto diverse), una cosa del genere è a dir poco inaccettabile!
E difatti i due vennero forzatamente separati, con la creazione da parte degli Dei (in alcune versioni la creazione era già avvenuta e semplicemente i due vennero posti sulle due sponde) di un fiume che li tenesse distanti, ovvero la Via Lattea.

Il lieto fine, se così vogliam dire, è che una volta all'anno, questi due amanti celesti, identificati con le stelle Vega e Altair, possono incontrarsi... e questo cade, appunto, nella notte del Tanabata.

 

Esisteva già, anticamente, in Giappone, una festività che ricadeva nello stesso periodo.
Era una festività Shintoista e prevedeva che una Miko, ovvero una giovane aiutante sacerdotessa (e non una Vergine Sacra, come spesso è stata "tradotta", giusto per accostare anche questa figura ad un eventuale "copia"), tesseva in un telaio una veste da donare ai Kami affinché questi concedessero un buon raccolto abbondante nella stagione seguente.

Ora, io posso immaginare con quale facilità un popolo che osserva questa tradizione, un bel giorno, si trova a sentire da viaggiatori e studiosi che, dopo un viaggio dall'altra parte di quel mare immenso (dal loro punto di vista), parlando di storie di un grande e magnifico impero che celebra nello stesso periodo una tessitrice divina... questi guardano alla propria Miko e pensano "ma, wow, è vero, è tutto vero!"

Poi si sentono anche raccontare la storia cinese per intero e... il passo del riunire le due tradizioni è breve!

Ma tutto questo ragionamento, in genere, chi deve copiar... ehm, scrivere un post su Facebook sul Tanabata non ha tempo di farselo, è più facile timbrare il tutto con "copiata da una tradizione cinese" e via.

Tanto il "like" verrà dalla foto, anch'essa non originale dell'autore/autrice (e categoricamente senza alcuna referenza al reale autore).

 

Ma torniamo a noi ed a tutte queste origini non giapponesi di cose giapponesi, compresi i giapponesi stessi.

Partiamo dall'inizio...

 

I giapponesi che discendono dai coreani o che sono, strutturalmente, coreani (o talvolta cinesi, a seconda del gusto) emigrati.
Tesi semplice, facilmente pensabile: in effetti il Giappone è un arcipelago e anticamente era con ogni probabilità attaccato alla terra ferma o quantomeno più vicino di quanto lo sia oggi.
Peccato che "facile" non sempre sia anche sinonimo di "corretto", difatti studi archeologici e analisi, comparazioni di scheletri e DNA non mostrano alcuna reale similitudine con la struttura sia dei cinesi che dei coreani (se non una percentuale, concentrata per lo più nella parte centrale dell'isola maggiore dell'arcipelago, l'Honshu... insomma zona Tokyo, per intenderci... cosa con ogni probabilità dovuta ad incroci avvenuti successivamente allo stanziamento della popolazione giapponese nel territorio): le analisi attualmente più certificate ed approfondite non son giunte ad un vero e proprio risultato di affinità con un solo popolo, cosa che quindi fa supporre che si sia trattato di più migrazioni e di unioni di vari ceppi emigranti, tra cui il più sensato gruppo siberico (d'altronde si suppone che il tratto di unione con la terra ferma non si trovasse in Cina bensì nella parte alta della Russia), est-asiatico (quindi emigrati da altre isole come le Filippine), mongolo (passando certamente per la penisola coreana e quindi trascinando con sé parte della cultura come della struttura) e, più bizzarro di tutti, una forte componente di similitudine con il ceppo dei nativi americani. 

 

E se, quindi, già di per sé non vi è una discendenza "fisica" con la Cina o con la Corea, men che meno vi è una discendenza culturale: come è ovvio e naturale, indubbiamente ci sono stati, e sussistono tutt'oggi, contaminazioni di nascita quanto di evoluzione, ma non sempre la risposta più semplice, anche in questo caso, è la più reale.
Parliamo, ad esempio, del "plagio" che più spesso sembra balzare agli occhi: la Religione.

Tralasciamo momentaneamente i Templi Buddhisti e concentriamoci sui Santuari Shintoisti, ovvero l'elemento religioso autoctono giapponese (che c'è chi ha affermato non essere realmente autoctono perché ispirato/derivato da altre credenze di altre popolazioni vicine... cosa che più ovvia e banale non potrebbe esistere: sotto questo punto di vista nulla potrebbe più esser considerato né originale né autoctono visto che tutto, per forza di cose, a meno che non si isoli in una bolla impenetrabile un popolo, viene costantemente ispirato dai vicini).
Sebbene nei tempi moderni sia divenuto sempre più consueta l'adozione del colore rosso acceso per i Santuari (e questa è una contaminazione buddhista e cinese), la conformazione del Santuario tradizionale, ancor oggi in uso per un buon 80% degli stili esistenti e/o esistiti, ha una forte connotazione totalmente personale: lo stile del tetto, le assi incrociate, il rialzamento della Camera Interna, la presenza di un Kaguraden... cercare in tutto questo una somiglianza con l'architettura cinese o coreana è praticamente impossibile, a meno che non sia abbia una fervida immaginazione (diversa cosa, invece, la rappresentazione di animali totemici quali i Komainu, di chiara origine coreana).
Tuttavia sono molto interessanti le somiglianze con le "sacre dimore" del sud-est asiatico, come, e non credo sia una casualità, le Filippine pre-missionarie.

 

"E allora il Buddhismo?", ti chiederai.
Ed è una domanda più che pertinente.
Anzi, la lista degli elementi di svariato tipo e genere che sono di derivazione cinese o coreana è decisamente più ampia del solo Buddhismo.
Ma se abbiamo già evidenziato come il Giappone e la sua cultura abbiano avuto una nascita culturale probabilmente giunta da svariati luoghi (e, a mio avviso, ma potrei sbagliare ovviamente, anche in diversi periodi storici), se abbiamo potuto constatare come le influenze non sono sempre e comunque dalla Cina, ma che ci sono stati veri e propri flussi di concetti e stili anche dal sud-est asiatico, allora abbiamo un quadro già più realistico.
Insomma, ci troviamo davanti ad un normalissimo processo di influenza dai vicini e tramite i vicini.
Una cosa normalissima che ogni cultura al mondo ha subito o effettuato.

Ma il fatto che gli "spaghetti cinesi" (ramen) siano antecedenti a quelli italiani non fa di certo 'sì che si possa dire che la cucina italiana sia semplicisticamente copiata da quella cinese.
O sbaglio?

Ma tornando alla sagace domanda sul Buddhismo... in realtà io avrei preferito parlare del Confucianesimo, vero elemento natio cinese (più o meno, visto che realmente non si sa ancora quali influenze esso abbia subito), che si diffuse appunto dal Grande Regno anche in Corea e Giappone.
Invece, parlando del Buddhismo... beh non è certo cinese, come filosofia/Religione!

Una storia completa del Buddhismo e delle sue origini sarebbe qualcosa di troppo lungo da trattare, almeno in questo articolo, anche a voler essere il più superficiali possibile, ma in sintesi il pensiero buddhista nasce in India, cresce in India e matura, si muta e si amplia (alcuni direbbero che si snatura) sempre e comunque in India.
Quando, infine, raggiunge e vien notato dal Grande Regno di Cina, questi se ne interessa finendo per trascinarsi dietro tutto ciò che era la grande cultura indiana... o, almeno, quello che riesce.

Un pensiero profondo e complesso come quello buddhista, una cosmologia dettagliata e antichissima come quella hinduista che arrivano in una cultura già di per sé complessa, altamente evoluta e sempre alla ricerca di nuove conoscenze (tra cui l'amore per l'astronomia che ha portato, ad esempio, all'elaborazione di tutti quei miti di cui uno, poi, è quello del Tanabata di cui abbiam discusso all'inizio) non poteva che far nascere un proliferare di nuove idee, pensieri e scuole.
E così è stato.

Tuttavia non possiam ritenere il Buddhismo cinese quanto non lo si può considerare giapponese.

 

In effetti, l'India è un po' quello che è stata la grande Grecia dell'antichità classica europea:

la Grecia partorisce grandi idee, cultura, filosofia e studi.
Poi arriva Roma, che è più grossa della Grecia, e si mangia tutto, inglobando e facendo suo.
Intanto ingloba, arricchisce, si lascia ispirare e influenzare da tutto ciò che tocca, sia che diventi parte dell'Impero/Repubblica, sia che sia semplicemente confinante.
Dalle ceneri di Roma, poi, altri grandi Imperi e Regni fino ai giorni nostri.
Eppure nessuno si sogna di dire che gli antichi romani copiavano dai greci.

Credo sia l'effetto che provoca esser così grossi.

 

Ah, prima di chiudere, stavo quasi dimenticando:

comunque in Giappone, il Tanabata si festeggia con grande gioia e allegria.
Alcune città più di altre, in alcune zone se ne occupa il Tempio Buddhista al patrocinare la festa mentre in altre se ne occupa il Santuario Shintoista o, senza alcun problema di sorta, qualsiasi altra organizzazione laica.
Essendo in piena stagione delle piogge, riuscire a festeggiare un Tanabata in cui si riesca a vedere il cielo notturno e le stelle è considerato di ottimo auspicio ma, in generale, tutti accorrono (spesso in yukata, il kimono estivo informale) per esprimere i propri desideri.

La formula più utilizzata è quella di scrivere il desiderio su una striscia di carta (短冊 "Tanzaku"), spesso molto colorata e adornata, di forma rettangolare con il lato lungo molto pronunciato.

Questo foglio, a volte munito perfino di campanellini o striscioline di carta lucida dai vistosi colori, si appende ai ramoscelli di bambù, spesso portati per l'occasione da chi organizza la festa, oppure, alla peggio, si usano quelli già presenti nei Templi o nei Santuari in cui viene spontaneo aggregarsi.

I desideri inerenti all'amore si ritiene che siano i più appropriati per l'occasione, ma, in generale, "van bene" tutti quelli legati al superamento di grandi difficoltà.
Gli origami a forma di gru, per quanto belli e sicuramente da qualche parte anche creati ed esposti, non c'entrano nulla... è tutta un'altra leggenda.

Altri "elementi tipici del Tanabata" spesso riportati qui e là (come i 投網 "Toami", 吹き流し "Fukinagashi" o le くす玉 "Kusudama"), come anche i "giochi tipici"...

beh, non sono tipici per nulla: sono i classici giochi di qualsiasi Matsuri o festività in genere e non hanno alcuna connotazione specifica.

E quindi è tutto un fiorire per le vie di bancarelle con giochi e cibo e, ad esempio molto famosa a Tokyo, nel quartiere di Kappabashi, magari qualche parata.

 

Se ti trovi in Giappone nel periodo corretto (ricordo che non tutto il Giappone festeggia il Tanabata lo stesso giorno), assolutamente da non perdere è il Tanabata di Sendai: oltre ad essere quello più fedele all'originale, nonostante, ovviamente, le innovazioni inserite per scopi puramente commerciali, come in qualsiasi cosa, mi si dice (e lo riporto solo perché mi fido degli amici giapponesi che me ne han parlato, tuttavia mi sembra doveroso sottolineare come io, in prima persona, non abbia mai avuto ancora modo di accertarmi della cosa) che nelle periferie si può ancora assistere a spettacoli molto vicini a quelli storicamente originali.

 

Lo so che questo può sembrare un articolo polemico e che, sia scrivendolo e pubblicandolo il giorno dopo Tanabata, sia volendo formulare un pensiero un po' più approfondito riguardo alla festività in sé, più come spunto che come reale focus del topic, mi sono giocato la possibilità di tanti likes facili in un periodo in cui, davvero, mi rendo conto che sul web si affollano gli esperti di Giappone da ogni dove... ma visto che, nel bene o nel male, a parte poche ancore di salvezza (ben più prestigiose di me, assolutamente), quasi tutte le altre fonti, per fortuna, si limitano ad un copia/incolla da Wikipedia (promemoria: quando si fa un copia/incolla sarebbe più discreto quantomeno modificare qualche parola, magari l'ordine delle frasi, qualcosa... o quantomeno correggere gli errori e/o non riportare perfino i numeri di rimando a nota, specie se poi non si copia/incollano anche le note stesse!) non credo che ci sia un grande danno culturale.
D'altro canto, e su questo mi dispiace rompere le uova nei panieri altrui, mi sento e mi sentirò sempre di puntualizzare che prima di pianificare un viaggio, di organizzare una visita... insomma prima di qualsiasi cosa che richieda tempo, fatica ed investimenti monetari, sarebbe estremamente più saggio non basarsi sulle informazioni della paginetta di Facebook, di cui si ignora ogni possibile provenienza o veridicità, anche quando "ma ha così tanti likes", e di usare un buon vecchio metodo che più raramente ci porta ad incorrere in inconvenienti: un buon vecchio libro.

 

La gentile lettrice e lo stimato lettore mi perdonerà se non ho messo in nota tutte le fonti sugli argomenti di cui ho trattato ma, con una breve e veloce ricerca, ho riscontrato che è possibile recuperarle davvero in pochi minuti, per lo più perfino in lingua italiana, con una ricerca su Google e spesso proprio attraverso Wikipedia, per cui...