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Uno Yen... tutto italiano!

In uno dei miei pochissimi momenti liberi, stavo giusto guardando un po' di sana e imbarazzante TV con mia moglie, quando passano una notizia a dir poco interessante.
Non sapevo se esser più stupito dalla notizia, da un dettaglio, di cui ti parlerò a breve, riguardante la notizia o... dal fatto che in TV stessero trasmettendo qualcosa di interessante.
Insomma, sotto questo punto di vista, ancora una volta forse, non è poi così tanta la distanza tra l'Italia e il Giappone... in tutti i sensi...

Correva l'anno 1881 quando venne data alle stampe una nuova banconota giapponese: parliamo di una banconota del valore di 1¥ (yen).

E, fin qui, nulla di strano, giustamente starai pensando.
Anche l'effige su questa banconota riportata non presentava nulla di strano.

Beh, certo, rappresentava una novità, un'unicità, ma tutto sommato nulla di incredibile: parliamo del volto dell'Imperatrice Jingu.

La banconota in questione

 

Sebbene, in seguito, per l'esattezza nel 1937, la grande Imperatrice, amata e ricordata come una grande eroina giapponese, sempre per mantenere quel clima di familiare screzio con la Corea del Sud (si, perché l'Imperatrice Jingu fu colei che guidò la prima invasione dei Regni di Corea), sarebbe apparsa anche su un francobollo, ancora nel 1881 era la prima volta che il volto di una Imperatrice, ed, in generale, una donna, appariva su delle banconote giapponesi.

Il francobollo in questione

Ma chi è, quindi, l'Imperatrice Jingu?
Moglie dell'Imperatore Chūai, l'Imperatrice Jingu (169/269... chiaramente date di nascita e morte non riscontrabili e... insomma, all'epoca pare che non fossero pochi gli Imperatori o i grandi saggi che campassero anche più di 100 anni!) divenne, appunto, Imperatrice nel 201, alla morte del marito.
Tecnicamente la 15esima Imperatrice del Giappone, durante il Periodo Meiji (1868/1912) venne un po' rivista la Dinastia e... niente, l'Imperatrice sparì dall'elenco, relegata al mero ruolo di "reggente" in attesa dell'ascesa del figlio, l'Im
peratore Ōjin che, quindi, divenne, di fatto, il 15esimo Imperatore del Giappone.
Come dicevo, o, meglio, scrivevo, l'Imperatrice viene ricordata soprattutto per la prima invasione da parte dell'Impero Giapponese ai danni dei Regni di Corea.

Qui, in realtà, si entra parzialmente nel campo del mito, in quanto sebbene siano ben certificate le varie invasioni, per quanto si possa definire "certificabile" qualcosa di quel periodo assai lontano storicamente e spesso privo di qualsivoglia riferimento storico scritto, vi sono leggende che la vedono come una grande condottiera mentre altre la vedono più come una sorta di "corpo ospitante" del vero grande condottiero: appunto, il figlio Ōjin (Imperatore che, in seguito, sarebbe stato anche identificato con il Kami Hachiman, "Divinità" shintoista patrona dei guerrieri).

Mi ha molto colpito, ad esempio, la leggenda secondo la quale, l'Imperatrice, per permettere al figlio di nascere sul suolo giapponese, abbia avuto una gravidanza lunga ben 3 anni... anni in cui, come possiamo immaginare, ella si ritrovò impegnata in Corea nel tentativo (fallito) di conquista.

E dopo questa breve premessa su chi sia l'Imperatrice Jingu, torniamo nel nostro bel fine 1800 e troviamo... un italiano alla Corte Imperiale in quel di Tokyo!

Stiamo parlando di Edoardo Chiossone (Arenzano 1833/ Tokyo 1898).

Il Prof. Chiossone venne, infatti, invitato presso la Corte per svolgere svariati lavori: più di 500 lastre di francobolli, bolli vari e dipinti di un po' tutta la nobiltà dell'epoca (alcuni sono ancora in esposizione in vari musei di Tokyo).
E deve essergli piaciuta non poco la vita in Giappone perché, sebbene avesse concluso la sua attività nel 1891, ci rimase, in quel di Tokyo, fino alla sua morte (ricevendo le funzioni funerarie e sepoltura presso il Cimitero di Aoyama).

Un altro esempio di banconota del Chiossone

Quindi ci troviamo davanti ad un'Imperatrice che deve purtroppo venir levata dagli annali Dinastici a causa della mancanza di prove storiche ma che, vista e considerata la via espansionistica che l'Impero stava prendendo (o riprendendo, che dir si voglia), di certo non vuol essere dimenticata e quindi finisce per ritrovare il suo volto su francobolli e banconote.

Il suo volto... o, meglio, il volto di una comune impiegata d'ufficio, impiegata presso gli stessi ambienti ove si trovava a svolgere il suo lavoro il Prof. Chiossone.

Si, la storia inizia a farsi interessante e... peculiare.

 

Il Periodo Meiji viene facilmente ricordato, tra le varie cose, per il forte avvicinarsi dell'arte giapponese (architettura e moda comprese) agli stili europei e difatti la scelta di ritrarre il volto della leggendaria Imperatrice viene affidato, appunto, ad un italiano.
Il nostro Professore.

Professore che, però, si ritrova a dover ritrarre... qualcuno che non ha mai avuto un volto "ufficiale".
Finché aveva da ritrarre nobili e politici vari, nessun problema... ma a doversi inventare un volto e magari anche doverci abbinare tutto ciò che ne concerne, quali i vestiti, la posa, il trucco, l'acconciatura... 

Posso decisamente immaginare il disagio che ha provato il nostro connazionale.


Ma come sempre, noi italiani non ci lasciam sopraffare dalle difficoltà e ne inventiamo una all'ultimo secondo per uscirne vittoriosi: il Prof. decise di usare come modella un'anonima signora che incontrava spesso nei suoi ambienti lavorativi.

Non si sa quasi nulla, in realtà, a riguardo: a parte che pare sia una storia vera, c'è qualche congettura ma nulla che possa esser comprovato.
In ogni caso, il Prof. Chiossone prende questa impiegata statale e fa sì che il volto della signora divenga ufficialmente e per sempre il volto dell'Imperatrice Jingu.

Come già accennato, l'arte (per fortuna non tutta... nota personale) durante il Periodo Meiji si contraddistingue per il suo far l'occhiolino all'arte occidentale, per cui, ovviamente, affidando il lavoro di ritratto dell'Imperatrice ad un italiano, ci si aspettava qualcosa di molto "occidentalizzato".

 

Ecco, la banconota non fu un grande successo e, anzi, venne ritirata in tempi decisamente brevi perché... troppo occidentale.
E non stiamo parlando di una critica sui vestiti o l'acconciatura, che, tutto sommato, avrei anche potuto appoggiare (fermo restando che chiami un artista italiano, non uno storico specializzato, e gli dai da fare un ritratto di, strutturalmente, un "nome"... non è che puoi pretendere che ti sviluppi un Sumi-e*) bensì la critica colpì proprio il viso.

E qui la mia perplessità: se il nostro Prof. aveva e avrebbe realizzato vari ritratti, tutti apprezzati (e voglio ripetermi perché è giusto: alcuni dei lavori del Chiossone sono ancora tutt'oggi esposti), credo che il "problema" non fosse nell'arte o nello stile, men che meno nella bravura, del nostro connazionale... ma se il problema era un "volto troppo occidentale", e se il nostro Prof. è comprovato avesse usato per modella una donna giapponese... com'è possibile?

Insomma, una storia interessante e... bizzarra, non trovi? 

Comunque sia andata a finire con la banconota, è stato davvero un piacere per me sentire di un artista italiano così ben tenuto da conto e che abbia lavorato in Giappone.
E, anche se magari sarò il solo a pensarla così, anche la soluzione e la storia inerente alla banconota in questione... beh, un sano orgoglio nazionale, a me, lo scatena.

*tecnica pittorica tradizionale giapponese che utilizza solo inchiostro e acqua, in seguito vedrà anche l'introduzione di inchiostri colorati