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Il Carabiniere e il Monaco Buddhista

Sembra il titolo di una barzelletta, una di quelle vecchie, tipiche e classiche barzellette italiane che prendono di mira i Carabinieri.
E difatti è proprio di questo che voglio parlarti in questo mio articolo: le storie e "barzellette" giapponesi che prendono di mira i Monaci Buddhisti.
Si, perché, se in Italia spopolano le barzellette sui Carabinieri, dipingendoli spesso come poco acculturati o poco arguti (non so poi da cosa sia nata questa "tradizione", per quanto riguarda l'Italia), in Giappone esiste un suo corrispettivo, una figura che spesso vien dipinta in modi particolari nelle storie, a volte umoristiche, a volte scandalistiche, ed è quella del Monaco Buddhista.
Ma... ora mettiti comodo e goditi lo spettacolo.

La figura religiosa, fin dagli albori della civiltà giapponese, è stata legata al concetto di rituali e cerimonie: mentre in antichità il leader della comunità, spesso, era anche il leader religioso, col passare del tempo si andarono specificando in due distinte figure.
Il leader religioso, che fosse una donna dagli incredibili poteri, la cui fonte sconosciuta li rendeva ammirabili quanto spaventosi, o che, in seguito, fosse un vero e proprio sacerdote di quella che, col passare del tempo, è sempre stata l'unica religione che il Giappone si è portato avanti fino al giorno d'oggi, provvedeva a fare da tramite tra gli uomini, bisognosi e deboli, e gli Spiriti, le Divinità e le Forze che avevano il totale controllo sulle loro vite, attuali e future.
Eventi importanti, parliamo di momenti che segnano la vita degli uomini, come la nascita, il matrimonio, l'edificazione della propria abitazione e gli atti di semina e raccolto, quando l'unica forma di sostentamento proveniva esclusivamente dal lavorare il proprio campo e dai suoi frutti, venivano benedetti da questi sacerdoti affinché tutto andasse bene: pensiamo ad un momento in cui non c'era la medicina, per aiutare il nascituro qualora sopraggiungessero problemi durante il parto, un momento in cui le tecniche agricole consistevano esclusivamente nel piantare e poi sperare che le cose andassero bene... insomma un momento storico in cui ogni cosa aveva un inizio per atto degli uomini ma poi, questi, ancora ignoranti su molti aspetti della vita, perdevano il controllo, lasciando tutto in mano al fato e alla natura.
In momenti del genere viene più che spontaneo pregare, affinché qualsiasi cosa sia coinvolta, aiuti ad ottenere un buon risultato: se il raccolto non avesse avuto buon fine, sarebbero seguiti mesi di digiuno...

e tra questi momenti importanti si trova, indubbiamente, anche l'ultimo atto: la morte.

 

Il ruolo di sacerdote diveniva un vero e proprio "mestiere", e come tale, il lavoratore, aveva bisogno di trarre sostentamento da questo: le offerte per ottenere i suoi servizi, il pagamento dei materiali necessari... 

Non è un concetto strano o qualcosa di unico del Giappone, ovviamente, anzi: il concetto di pagare una chiesa, intesa come entità concettuale, che fosse, questa, organizzata o composta da singoli indipendenti, è una base dei tempi passati quanto di quelli attuali.

Allora perché le storielle "colpiscono" solo i Monaci Buddhisti e non i Sacerdoti Shintoisti?

Partiamo da un primo punto:
tu, persona che si trova ad un certo punto specifico della propria vita, hai da pagare per aggraziarti la buona sorte.
Da un lato vedi che paghi un Sacerdote Shintoista che vive in una casetta modesta, adiacente ad un luogo sacro che, tutto sommato, non sembra molto più che un giardino, con qualche abbellimento, certo, ma tutto sommato nulla che mostri in alcun modo opulenza... dall'altro lato, invece, ti ritrovi a pagare un Monaco che vive in un edificio enorme, magnifico, con al suo interno statue d'oro, bronzo o altri materiali costosi, adornato fino all'orlo di grandiosità, meraviglie... l'immagine stessa dell'opulenza.
L'istinto naturale ti renderà facile pensare che i soldi che dai al primo vengano realmente spesi in qualcosa che non conosci ma che, di certo, non vengano accumulati per il proprio benessere mentre, di contro, tutte quelle lanterne dorate, i lampadari con i cristalli e le enormi statue che adornano ogni centimetro del Tempio, un po' il sospetto che si tratti di un alloggio di lusso ti nascerà spontaneo.

E, se da un lato, tutto sommato, alla fin fine te ne importa anche poco, perché comunque i prezzi per le cerimonie sono, più o meno, simili per entrambe le figure, anche se l'immagine che ti si para dinnanzi ti può far sospettare ad intenti, fini ultimi diversi, tutto sommato, appunto, te ne importa anche poco, finché comunque tutto va bene.
Ma quando di soldi non ne hai, ma ti trovi costretto comunque a pagare... e in più si aggiunge questo sottofondo di malcontento...

 

Quando i soldi non ci sono, semplicemente, non si paga.
Certo, tutti vorremmo poter avere il supporto del Fato in ogni possibile occasione, ma quando questo non ci è possibile, ci si rimbocca le maniche e si va avanti da soli.
Non era una pratica sconosciuta, nei tempi antichi, per i contadini, ad esempio, quella di officiare dei piccoli riti funebri "caserecci": il defunto veniva pianto, preghiere venivano recitate/inventate secondo il proprio cuore, gli si offriva in dono qualcosa, un pensiero (visto che, appunto, spesso non avevano proprio nulla...) e quindi il corpo veniva sepolto in una parte del campo, quel campo che ogni giorno veniva lavorato.
La stessa cosa per le nascite: i vicini di casa si aiutavano come potevano, le donne partorivano col solo ausilio della loro stessa forza di volontà, e gli uomini pregavano fuori dalla casa adibita al parto (si, spesso le donne si isolavano dagli altri membri della comunità per partorire).
E quando mancava il denaro per poter far benedire il neonato?
Semplicemente non lo si benediva: i familiari pregavano con ancor più forza affinché i Kami, gli Spiriti-Divinità della religione autoctona giapponese, comprendessero la situazione e non si adirassero col povero, innocente nascituro.
Insomma, una situazione chiara: quando c'erano i soldi, si pagava... e quando i soldi scarseggiavano, si pagava ma un po' dava fastidio a te, povero e in difficoltà, dover pagare il Monaco che intanto viveva tra statue e candelabri d'oro... e quando i soldi non c'erano, non si pagava e... aiutati che il Ciel t'aiuta.

 

Se ad un sentimento di sfiducia, ma parliamo davvero di qualcosa di minimo, qualcosa più vicino all'invidia che, mescolandosi all'ignoranza, poteva far nascere un vago sentimento di sospetto, aggiungessimo un obbligo otterremmo una miscela decisamente più che dannosa: questo è quello che accadde durante il periodo dello Shogunato dei Tokugawa (1603-1868).

Come spesso accade le religioni vengono usate dai poteri, ufficiali o meno ufficiali, per controllare le masse e il Giappone stesso non fu esente da questo: lo Shogunato Tokugawa fu il momento di maggior perdita di potere per l'Imperatore e il momento massimo in cui gli Shogun erano i reali signori del Paese del Sol Levante.
Per togliere anche l'ultima vestigia di potere e mantenere la figura dell'Imperatore come sola figuranza, in quanto comunque, agli occhi del popolo, Figlio del Kami e patrono, quasi una sorta di Santo, del Giappone, venne deciso che il Buddhismo avesse da acquisire molto più potere e diventare, a tutti gli effetti, la Religione di Stato.
Fu così che ogni singolo cittadino giapponese doveva registrarsi presso il proprio Tempio di riferimento, in quella che divenne una vera e propria anagrafe (ancora oggi, di base, le famiglie giapponesi permangono legate ai Templi di quei tempi, seguendo questa o quella Scuola Buddhista più per tradizione, nata dall'appartenenza ad una diocesi, più spesso che a questioni di vero e proprio Credo).

Ora torniamo assieme all'esempio di prima:
una famiglia estremamente povera, vittima di un lutto.
Se prima, tra lacrime e cordoglio, si offriva un pensiero al defunto e lo si seppelliva come meglio si poteva nel proprio campo, ora tutto questo diveniva impossibile: c'era un'anagrafe e tutte le nascite, morti, matrimoni e altro ancora andavano riferite al proprio Tempio che se ne sarebbe occupato... non farlo voleva dire andar contro la legge.

Certo, questi erano anche casi estremi, ma importanti.
Indubbiamente fu un momento in cui si creò l'esatto opposto di quello che si sperava di ottenere.

 

Nascevano così storie di Monaci avari che pensavano solo a spillare più denaro possibile, ordinando riti su riti sulla povera gente.
Non solo storielle da bar, quelle che che serpeggiano tra la gente, ma lentamente iniziarono veri e propri racconti, sia come parte della tradizione orale che quella scritta: il Monaco, sempre più spesso, prendeva il ruolo di una persona totalmente scissa dal concetto di Fede, ma semplicemente un furbastro che aveva trovato un modo per accumulare oro e ricchezze e viverci immerso.
Una sorta di Paperon De Paperoni, insomma.

 

Ora, però, aggiungiamo un ultimo step alla creazione di questa figura tipica dei racconti giapponesi: il mistero riguardante le stanze interne dei Templi e la vita monacale.
Si, perché se il Sacerdote Shintoista, bene o male, viveva in maniera molto simile a quella del resto del popolo (cosa normale, visto che questa carica non è altro che una discendenza di una figura parte del popolo stesso), il Monaco viveva in questi enormi Templi, bui e silenziosi, le cui celle monastiche non erano in alcun modo visibili e nessuno sapeva come fossero fatte, cosa vi si trovasse, che stile di vita avesse...

così nacquero le storie a riguardo dei tesori ammassati, di Monaci intenti ogni giorno a contare il denaro, piuttosto che snocciolare il rosario per pregare... ma non solo:
storie di concubine che vivevano, a volte in un lusso fatto di letti d'oro, altre volte vere e proprie schiave in celle oscure, esclusivamente alla mercé del Monaco che diveniva un mix tra un rapitore e un carceriere.
Inutile dire che non furono sconosciuti i racconti che vedevano i giovani adepti come schiavi sessuali dei Monaci, poiché al Tempio si entrava in tenera età e vi si cresceva, letteralmente: quindi, quando della presenza di donne non vi erano reali prove, la presenza di giovinetti era un dato di fatto.
Certo, queste non sono di sicuro barzellette, ma erano i racconti più oscuri e cupi che erano circolati.
La "versione divertente" di queste storie, che era indubbiamente quella preferita e più diffusa, vedeva il Monaco, di cui poc'anzi abbiam già detto esser ben ricco, non più avaro ma pronto a spendere e spandere in donne e alcol.

Insomma, questa figura veniva spesso presa di mira nei racconti popolari.


Questo non deve certo indurci a pensare che il Monaco Buddhista sia una figura poco rispettata o dileggiata da tutti: assolutamente non è così e se veniva creata una storiella che lo dipingeva in vesti tutt'altro che onorevoli, cento venivano scritte e raccontate che parlavano di grandi uomini, uomini di scienza e intelletto, di Fede e bontà.

 

Questo mio articolo, quindi, non ha alcun intento screditatorio nei confronti dei Monaci Buddhisti, per cui, anzi, nutro gran rispetto e stima, ma semplicemente ho voluto raccontarti questa curiosità: l'origine di una figura spesso presente nelle commedie moderne quanto antiche (per non parlare di Manga e Anime!).

Si suol dire "Paese che vai, usanze che trovi" e, allo stesso tempo, "tutto il mondo è paese".
E in fondo è proprio così: i processi mentali, i movimenti del popolo... sono tutte reazioni che, sebbene prendano strade diverse in base alla cultura, storia e forma mentis, dinnanzi a situazioni simili, come quella della povertà, ad esempio, alla fin fine sono simili.