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Una passeggiata in città e pensieri in libertà

In genere non mi muovo mai se non ho gli auricolari nelle orecchie e una musica di sottofondo.

 

Mi rilassa, mi permette di sognare seguendone il ritmo e, allo stesso tempo, per una qualche energia che solo la musica possiede, mi riposa anche quando sono impegnato in lunghi viaggi: che siano alcune ore di treno, un veloce volo o una lunga camminata, lascio che la musica mi accompagni ovunque.

 

Ieri, però, ho deciso di spegnere la musica: ho tolto gli auricolari e mi sono voluto godere un sottofondo diverso.

Ieri ho ascoltato i suoni della mia Kyoto, quelli sconosciuti: 

i suoni del "dietro le quinte" della città.

 

 

 

Come probabilmente saprai, in questo periodo, in cui non ho quasi per nulla scritto qui sul Blog, mi sono impegnato anima e corpo nella scrittura del primo romanzo che mi sono deciso, infine, a pubblicare (puoi trovare maggiori informazioni QUI ).

E' stato più complesso di quello che pensassi e ha finito per rapirmi al 100%, tanto da farmi trascurare tutto il resto (comprese numerose ore di sonno).

 

Mia moglie mi è stata vicino per tutto e per tutto, come sempre, così, proprio per festeggiare la pubblicazione del libro, ieri, per pranzo, ha organizzato per andare in un bel ristorante, in centro a Kyoto.

Era tutto molto buono e ci siamo divertiti molto: parlare di sogni, speranze, fare due conti un po' campati per aria... guardare al futuro come potrebbe fare una coppia di teenager, anche se teenager non lo siamo più da un pezzo.

Finito il pranzo mia moglie si è fermata dal parrucchiere e così io mi son ritrovato a tornarmene verso casa da solo.

Potevo prendere il bus e metterci pochi minuti, con la fermata che è quasi sotto casa, ma ho, invece, deciso di farmi una passeggiata, sia per godermi un po' d'aria fresca (forse l'ultima occasione prima del caldo estivo che arriverà a breve) sia per distrarmi un po' dopo immense giornate passate davanti al monitor del PC.

In breve, mi sono messo a camminare.

 

Mi sono impostato una rotta mentale che mi conducesse verso la mia meta evitando tutti i grandi stradoni o le vie più frequentate: ho girato al largo da Templi famosi, luoghi di interesse, zone commerciali... mi sono voluto immergere in quella parte di Kyoto che conserva ancora il sapore di un Giappone disinteressato agli stranieri e, soprattutto, ai turisti.

 

Tutto sa di ritmi diversi, qui, tutto ha un sentore di movimenti equilibrati, costanti ma allo stesso tempo lenti, misurati.

Non si sentono le voci delle commesse che invitano i clienti ma i semplici negozi, con le loro vetrine invitanti, vivono una sequenza di eventi e vendite delicata, sonnolenta.

Ho, ovviamente, incrociato numerosi Templi Santuari... d'altronde a Kyoto è impossibile il contrario, ma tutti piccoli, silenziosi, deserti.

A volte sento dire che "in Giappone", parlando di edifici religiosi, "non si respira molta sacralità"... io non sono mai stato molto d'accordo con questa affermazione (come ho già avuto di parlarne in questo articolo) ma devo ammettere che, forse, ieri ho meglio compreso questo punto di vista.

E' vero, la magnificenza del Kiyomizudera, con la sua terrazza di legno che si affaccia su un piccolo boschetto in cui un serpeggiante sentiero passa proprio accanto al punto dove sgorga l'acqua pura, miracolata, capace di guarire e curare... mi ha sempre rapito, anima, cuore e occhi, ma è sempre un po' faticoso visitarlo, farsi strada tra la gente, trovarsi un angolino da dove poter osservare, guardare, cercare.

E' una giungla di bastoni per le selfie, che si innalzano all'altezza del tuo viso, e tu che devi penetrare questa giungla, come fosse invasa dalle liane.

Non è il Giappone che manca di sacralità... è il turismo che gliel'ha rubata, forse.

 

Invece ieri ho potuto guardare a Templi Santuari con occhi diversi.

Edifici che non sono mantenuti per esser fotografati ma per servire agli scopi spirituali di chi ci vive vicino.

 

Ho ascoltato i rumori della macchine, poche, che passavano.

Il vociare dei passanti, sempre sommesso ed educato.

La gente che andava e tornava dal lavoro e i fattorini che trasportavano i loro pesanti pacchi, consegnandoli ovunque fossero stati richiesti.

Sono passato pure davanti ad una sartoria specializzata in Kimono e mi son fermato a godere della vetrina: che belli che sono, ho pensato, con i loro colori così delicati eppure potenti.

Le forme, i colori, i tessuti... indossandoli ci si trasforma: da uomo in bellissima opera d'arte.

E così la mia mente è volata, ha seguito ricordi ed aspettative, rivisto i momenti magici dei Matsuri, quando vestendo lo Yukata si passeggia tra bancarelle e, dopo il tramonto, seduti sull'argine del Fiume Kamo a guardare gli Hanabi, i fuochi d'artificio...

 

Ho osservato le piccole viuzze che passano tra le case comuni, palazzi e condomini, con gli scooter parcheggiati e i panni appesi ad asciugare.

Quanti piccoli altarini che adornano e forniscono conforto spirituale che si trovano ovunque, perfino negli angoli più nascosti.

Ho sorriso pensando a quando "gli esperti" affermano che "i giapponesi sono non-religiosi" e mi sono chiesto se questi magnifici dottori si sono mai allontanati da Wikipedia per fare una passeggiata per le vie più vere delle città giapponesi.

Mi sono volutamente lasciato trascinare dal caso, entrando in stradine anonime e voltando in angoli dimenticati, senza badare ai punti cardinali del magnete ma a quelli delle immagini, dei sentimenti, dell'anima.

 

Ancora una volta non mi sono perso: dopo aver attraversato questi quartieri lontani (se mi permettete la citazione del grande e compianto Taniguchi Jirō, Maestro dai manga indimenticabili). sono ritornato in una grande via a me familiare.


Quando anche mia moglie è rientrata ci siamo chiesto l'un l'altro come sono andate quel paio di ore l'uno senza l'altra, una cosa sciocca ma è una nostra abitudine...


Così le ho raccontato della mia passeggiata e le ho mostrato le fotografie che ho scattato e che ora ho inserito in questo articolo.
Mia moglie ha sorriso: per lei è tutto normale, è la sua vita e la sua quotidianità.
Le ho detto che pensavo di mettere le foto online, sia qui nell'articolo ma, intanto, anche sui miei Social e lei mi ha risposto che eran delle belle foto (l'ha detto solo per cortesia, lo so) ma che non le sembravano nulla di eccezionale, forse chi mi segue non le avrebbe poi gradite tanto...


E' rimasta stupita, man mano che passava il tempo e io continuavo a ricevere notifiche su notifiche di apprezzamenti a queste fotografie.

 

Mi ha dato molta soddisfazione, non una soddisfazione personale o un qualche senso di riconoscimento verso un merito apprezzato... ma perché è la dimostrazione che, ancora oggi, nonostante tutto, alla gente piacciono ancora le cose semplici.