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Nasco Shintoista, mi sposo da Cattolico e muoio da Buddhista

Un argomento, questo, molto interessante che mi è stato richiesto nei commenti ad un mio precedente Articolo sulla religiosità del popolo giapponese... e mi tocca iniziare in maniera piuttosto antipatica: questo detto è parzialmente falso.
Mi spiego peggio: un detto simile esiste realmente in Giappone, tuttavia è stato modificato, non so bene quando o da chi... o, meglio, non precisamente da chi, ma procediamo con ordine.
Il detto giapponese recita: nasco Shintoista e muoio Buddhista.
Non c'è mai stata traccia di Cattolicesimo (o Cristianesimo, a secondo di chi riporta il detto) nella versione originale e continua, tutt'oggi, a non essercene traccia in Giappone.

L'aggiunta ha un senso, che tra poco vedremo, ma non abbastanza forte da giustificare una sua presenza nella frase: un'aggiunta occidentale, probabile riflesso di un sempre crescente senso di inferiorità.

Anche se può sembrare assurda come affermazione, il Giappone è sempre e da sempre stato un Paese laico.
Ovviamente, come per tutte le civiltà, la Religione ha giocato ruoli fondamentali, guidando ed influenzando le vite dei giapponesi nel passato (come ancor oggi), ma è la peculiarità sia della Religione autoctona che del rapporto Fedele-Religione ad aver instaurato una forma mentis diversa da molte altre.

Il popolo giapponese, quando ancora non lo si poteva neppure realmente considerare un popolo, bensì una serie di comunità spesso del tutto chiuse e distanti tra di loro, ha avuto fin dagli albori una visione religiosa votata al ringraziamento: era la pioggia, identificata in seguito come Kami, a venir ringraziata perché la sua presenza e costanza permetteva i raccolti; era il Sole a governare i Kami, con la sua basilare importanza e il legame "da leader" con la vita; era il mare da ringraziare per la pesca e la navigazione sicura, ecc ecc...

Ma, ad esempio, cosa accadeva in un paesello tra le montagne, che il mare lo sentiva a malapena nominare di tanto in tanto da qualche neppure troppo benvoluto viaggiatore?
Lo vediamo oggi: semplicemente, il Kami relativo veniva pressoché ignorato.

Questa situazione, quindi, che potremmo definire "di comodo" (e che non è né unica né anomala) incontrò quell'unicità che la rende oggi qualcosa di estremamente distante da altre Religioni, nel momento in cui le comunità iniziarono ad avvicinarsi sempre di più, che fosse per la nascita di regni, del concetto di aree, gli spostamenti sempre più frequenti o i commerci tra villaggi: la Religione non venne unificata.
Non vi era alcun motivo per stilare una lista di Kami, di quando sarebbe stato opportuno venerarne uno o come ringraziarne un altro: si gettarono delle basi, strutturalmente fondate su elementi pressoché in comune ovunque (ad esempio il Kami del Sole, non a caso "scelto" come parente primordiale della Famiglia Imperiale), ma ogni singolo individuo manteneva la facoltà di credere in ciò in cui credeva, come e quando voleva.

Anche nei momento più bui, dal punto di vista religioso (parliamo ad esempio di quando il Buddhismo, o, meglio, i Templi vennero utilizzati come uffici informali dello Shogunato, nel Periodo Edo, o quando la Fede Imperiale venne utilizzata, nel periodo delle Grandi Guerre, per fomentare, come se ce ne fosse bisogno, la fedeltà del popolo verso un Imperatore "divinamente infallibile"), rimase comunque tutto molto "vago" e discrezionale.

 

La Religione, quindi, nasce e si sviluppa come un fattore indubbiamente di comunità (i Matsuri diventano un tutt'uno col concetto proprio di comunità ed unione civica), ma la singola preghiera si mantiene come un qualcosa di prettamente personale: specchio (com'è ovvio che sia) della Società, o che sia la Società specchio della Religione... in ogni caso, quale che sia, il pensiero giapponese si modella su questi due fattori (magari poi approfondiremo in un altro Articolo i concetti di comunità/pubblico vs personale/privato).

 

Il passo per non solo scegliere come, dove, quando e chi venerare ma direttamente che Fede seguire è, ovviamente, molto breve ed è stato il carattere isolano ed isolato del Giappone, probabilmente, a rendere il pensiero giapponese ciò che è oggi, quindi basato (consciamente o meno) sullo Shintoismo (che, ricordo, fino agli inizi del 700d.C. non aveva, come Religione, neppure un nome: venne coniato solo per distinguere questa Fede dal Buddhismo appena giunto).

 

Abbiamo già discusso in altri Articoli di come mai il Buddhismo abbia trovato così facile appiglio nei cuoi giapponesi fin dalle origini (a parte un burrascoso inizio): da un lato lo Shintoismo, per sua intrinseca natura, lo inseriva automaticamente nel tessuto della "Verità", dall'altro il Buddhismo presentava risposte a domande che lo Shintoismo non poneva (ad esempio la Morte).

 

Cosa accade, quindi, oggi?

 

Il mondo diviene sempre più interconnesso e ogni cultura tocca, si lascia modificare, ispirare o direttamente assorbe, da e prende... e, anche se, bisogna dirlo, in maniera decisamente minore e più "razionale" (nel senso che molto vien proprio scelto e modificato non per seguire la sua forma originale ma, più spesso, una forma che viene immaginata come tale... anche quando si è perfettamente a conoscenza che questa immaginazione non corrisponde alla realtà dei fatti), anche il Giappone non fa eccezione: il concetto stesso di Religione, com'è visto, ad esempio, in Occidente, si affaccia al popolo e, una generazione dopo l'altra, diviene anche questo punto di vista, questo modo di vita, un qualcosa di comune.
La conseguenza è che tutto ciò che non vada a cozzare con le regole sociali, viene o annesso o comunque conosciuto ed accettato: si sviluppa così sia un senso di "vicinanza" con le altre Religioni (come dicevamo sopra, spesso viste in maniera del tutto diversa da come vengono realmente vissute), oppure si sviluppa direttamente una Fede, a volte simile, a volte "adattata".

La percentuale, ad esempio, dei cattolici giapponesi (quindi escludo, ovviamente, gli stranieri che hanno portato con loro la Fede) è molto bassa ma anche all'interno di questa piccola comunità si notano differenze nel modo di vivere e professare che sono, a volte, anche notevoli (e magari parleremo anche di questo, in futuro).

 

Una cosa che, indubbiamente, affascina del cattolicesimo è la sua arte: al primo posto si trova senza dubbio alcuno la "moda", ovvero i vestiti inerenti a cerimonie quali i matrimoni in primis, seguita da "arredamento" e "architettura".
E qui troviamo il punto che a noi, oggi, più interessa: il matrimonio.

 

Oggi (da molto tempo, in realtà... praticamente dallo Shogunato Tokugawa in poi), il matrimonio in Giappone è un atto legale: l'unica vera cosa importante per segnare un matrimonio è che questo venga registrato a livello burocratico.
Che si faccia o meno una cerimonia, che se ne facciano varie, che si offici secondo diverse Religioni... non ha alcuna importanza.
Le cerimonie, quindi, sono "solo" un piacere che si aggiunge all'atto burocratico: magari si officia il rito Shintoista perché è tradizionale, altrimenti basta anche una veloce benedizione al Santuario vicino casa (in genere la casa paterna del marito)... oppure si officia un rito Buddhista per far felici i suoceri, particolarmente legati ad un Tempio (in genere quello che si occupa dei funerali di una delle due famiglie)... oppure, perché no, tutt'e due, per non farsi mancare niente e far felici un po' tutti.

E il cinema/TV non poteva non giocare la sua parte: perché non officiare un rito Cattolico, con la sposa bellissima nel suo abito bianco col lungo velo, la navata della chiesa e i suoi marmi, le statue e la musica dell'organo?
Certamente non è una cattiva idea... ma abbiamo notato tutti che non si è ancora mai parlato di Fede, in tutto questo, vero?
E il concetto inizia e finisce qua: è la "festa" che conta.
A tal proposito non serve neppure che la cerimonia sia vera, tutto sommato (anche perché, e lo so bene, un matrimonio Cattolico richiede una serie di riti da officiare, prima di poter esser in atto... riti che richiedono tempo... e un giapponese a cui interessava soltanto la "parte estetica", difficilmente avrà voglia di seguire catechismo ed altro del genere): nascono così varie società che offrono dei locali (spesso dei ristoranti) con, all'interno, delle sale che ricreano l'interno di una Chiesa (spesso più immaginaria che realistica), che chiamano degli attori affinché recitino la liturgia (anche in questo caso spesso più scenica che reale)... tutta una recita perché è bella, perché sembra la scena di un film (e, tutto sommato, in realtà, praticamente lo è!) e perché fa felici gli sposi.

 

Insomma, il momento del matrimonio è un momento di grande festa che circonda un atto firmato al Comune.

 

E qui la parte che è stata inserita, quindi, da noi occidentali in un detto che, altrimenti, non avrebbe: "ci si sposa da Cattolici".

 

Eliminando, quindi, questa parte, possiamo prendere facilmente in esame il detto vero e proprio: nasco Shintoista, muoio Buddhista.

La prima frase, quella che recita "nasco Shintoista", potrebbe far nascere grandi discorsi sulle origini, sulla forma mentis dei giapponesi, sul legame tra popolo e Religione, ma in realtà è stata creata pensando in totale semplicità: il "battesimo", in Giappone, praticamente per ogni cosa, dalle persone alle automobili, dalle case all'ambito lavorativo, viene associato con una benedizione e le benedizioni, tradizionalmente, si fanno al Santuario.
Certo, ci possono essere battesimi Buddhisti (i Templi si son dovuti letteralmente inventare dei riti del genere quando gli venne ordinato di occuparsi di tali faccende dallo Shogunato... e lo fecero decisamente non felici), ma tradizionalmente si vuole una benedizione per il nascituro di stampo Shintoista (quindi, a meno che non si faccia parte proprio di una Setta... e con Setta non intendo ciò che io preferisco chiamare Scuole, bensì letteralmente una Setta, si tende a seguire la tradizione senza discuterci sopra troppo) e difficilmente in Giappone si mette in dubbio la tradizione.

Per cui, alla fine, "nasci Shintoista".

 

Quando si muore, al di là delle pratiche sanitarie, ovviamente, sono i Templi Buddhisti ad occuparsi del lato "religioso/sentimentale" (lo Shintoismo non ne vuole proprio a che fare, anzi: se hai avuto un lutto in famiglia, per un anno non dovresti neppure poter accedere presso i Santuari, in attesa della tua "purificazione"... sembra un qualcosa di assurdo ma ha tutta una serie di suoi fondamenti che rendono questa cosa una conseguenza "logica", magari ne riparleremo): funerale con cremazione, urna presso la famiglia, "inserimento" nel Butsudan (altare familiare casalingo di commemorazione dei defunti).

E così "muori Buddhista".

Come sempre apriamo una porta per sbirciare in una delle infinite stanze che compongono questo enorme maniero che è la cultura, inerentemente al Giappone... e ci ritroviamo davanti ad un'altra serie infinita di porte che partono dalla stanza in questione.
Se da un lato, devo ammetterlo, ho trovato un po' spiacevole, quasi di cattivo gusto, l'aver infilato a forza un tocco occidentale in un modo di dire giapponese, è anche vero che ritengo la diffusione di questo Detto un qualcosa di utile: al di là della mera conoscenza di un modo di pensare estero, l'idea stessa trasmette una libertà di scelta che lascia grande spazio alla speranza... noi tutti nasciamo inconsapevoli di cosa ci circondi, e subiamo delle scelte imposte, eredità della Società in cui ci troviamo.
Per la maggior parte, poi, va tutto bene e la cosa si sistema da sé... il "problema", se così lo vogliam chiamare, nasce quando si mettono in discussioni tali scelte e queste compromettono sentieri che si vorrebbero percorrere...

E insomma, più libertà per tutti!