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Le Luci Rosse di Kyōto

Deve essere un tema molto caro e di grande interesse quello dei quartieri a luci rosse giapponesi.
Lo dico perché, dando una veloce occhiata al mio profilo Instagram (lo trovate tra i contatti qui sul sito), mi è parso assai curioso non tanto che il video IGTV che ho girato in quel di Shinjuku, Tokyo, passeggiando per il quartiere a luci rosse, abbia ottenuto più del triplo delle visualizzazioni rispetto a quasi qualsiasi altro video, alcuni dei quali, gusti personali ovviamente, trovo decisamente più interessanti e di migliore qualità.
Allo stesso tempo deve aver particolarmente deluso una qualche "assenza" perché il video subito successivo è andato particolarmente male in quanto ad interesse... e allora mi sono chiesto cosa potrebbe accadere qui sul Blog, se trattassi un argomento simile.
Proviamoci.

Non è un quartiere famoso, quello a luci di rosse di Kyoto, nell'area cittadina di Kiyamachi.
Probabilmente perché chi visita Kyoto lo fa pensando alla città come una lista di Templi e giardini, un luogo storico di cultura e arte, più interessato a cercare il Giappone di 1200 anni fa, sopravvissuto (tra le tante difficoltà che oggi vorrebbe dire viverci) solo per attendere la foto del turista.
Per cose come la Yakuza, la prostituzione, il gioco d'azzardo e tutto il "dark side" del Giappone ci si rivolge a città come Tokyo.
Bizzarramente "sede" della più famosa zona a luci rosse ma, allo stesso tempo, città meno "potente" a livello di Yakuza tra le grandi metropoli.
Eh si, perché le famiglie Yakuza più potenti risiedono a Nagoya e nel Kansai (precisamente a Kobe, anche se Osaka è, da sempre, un ben amato campo coltivato assai proficuo).

 

Ma torniamo a noi.
Parlando delle notti di Kyoto, sicuramente non includono la passeggiata nel quartiere a luci rosse: niente neon, niente Godzilla... si tratta di un dedalo di strette vie, affascinante per quanto sembri alieno, seppur perfettamente normale.

 

Anche se l'argomento, ovviamente, mi incuriosisce ed affascina, non mi ero mai posto il programma di andare a cercare dove stessero i criminali operanti nella vecchia capitale, per cui fu con grande stupore che mi ci ritrovai in mezzo.
Accadde qualche anno fa, quando un ragazzo mi contattò attraverso i social: utilizzando internet, tutto da sé, aveva organizzato un viaggio di circa 15 giorni in Giappone, con varie tappe, tra cui, ovviamente, Kyoto.
Mi contattò perché era interessato al mio supporto durante la visita di Kyoto e del Kansai in generale, nonché un paio di "lezioni" su come muoversi agilmente ma in sicurezza in Giappone: mezzi, biglietti, cosa e come.
Biglietti aerei e prenotazioni di hotel, ovviamente, li aveva sbrigati da sé (io non me ne occupo), attraverso tutti quei vari siti che ti permettono di comparare svariate soluzioni, proposte ed eventuali offerte.
L'appuntamento era in Stazione centrale dei treni JR di Kyoto, dove lo avrei incontrato per portarlo al suo hotel e lì un po' di chiacchiere su come organizzare qualche giro per quei giorni ecc.

Non conoscendo l'hotel (mai sentito fino a quel giorno), mi ero premunito cercandolo banalmente su Google Maps... e non era stato per nulla semplice, visto che mancava praticamente qualsiasi informazione.
Ma avevo l'indirizzo preciso, per cui "puntai" il luogo: molto facile da raggiungere, un po' labirintica come area, ma decisamente comoda e non troppo distante da zone famose, quindi anche comode, tutto sommato, per un turista che gira da solo.
E fu così che, quella mattina, arrivai nel quartiere della Yakuza di Kyoto, senza nemmeno rendermene conto.
Si, avevo notato che il centro importante dell'area sembrava essere un vecchio palazzo di tre piani, ma non essendoci passato vicino non avevo avuto modo di leggere la targa che si trovava accanto alla porta.
L'hotel sembrava più una sorta di Ostello e difatti il giovine iniziò a scoprire fin da subito come mai era stato così economico: tra le varie mancanze, anche il bagno era assente.
Ovviamente non intendo i servizi (presenti, in comune ma presenti) ma proprio la zona adibita a docce/vasca: al posto di una comune sala da bagno, l'hotel forniva dei "tickets" per usufruire dei servizi di un vicino bagno pubblico gratuitamente.
Il ragazzo ne aveva, ovviamente, bisogno per cui cercammo il bagno pubblico: era proprio dietro l'angolo, a due passi e, anche se non aveva insegne o altro, l'ingresso era decisamente in stile classico, per cui non fu difficile per me supporre che si trattasse del posto giusto.
Per sicurezza chiesi all'anziano gestore che ci guardò un po' stranito, prima di far accomodare il mio assistito.
Mentre il ragazzo si ripuliva, mi venne in mente di un mio gravo errore: non gli avevo chiesto se aveva tatuaggi.
Non erano in programma onsen (le terme giapponesi) e di certo non mi aspettavo che l'hotel non avesse un bagno ma che dovesse andarsi a lavare nel vicino bagno pubblico, per cui non ci avevo pensato... ma il ragazzo era dentro da un po', per cui oramai questa preoccupazione mi era sembrata inutile.
Quando, però, ci riunimmo, sia per fare quattro chiacchiere che per scherzare un po' sulla situazione, gli dissi che era davvero una fortuna che lui non fosse tatuato, altrimenti lavarsi ogni giorno sarebbe divenuta una bella impresa... e fu così che scoprì che non solo il ragazzo era tatuato, anche abbastanza vistosamente, ma che nel bagno pubblico, quando si era fatto la sua doccia (non era stato in vena di vasca), di tatuati era ben pieno: gente con tutta la schiena tatuata.

Ah, per inciso, dopo averlo salutato, a sera, andai a dare una veloce occhiata alla targa: Onorata Società.
Fantastico, la sede della famiglia Yakuza di Kyoto, l'antichissima (si parla di origini intorno al 1600) Aizu Kotetsu kai.

 

La seconda volta che mi sono ritrovato a passare per il quartiere a luci rosse di Kyoto è stato con un'amica decisamente pazza.
Io, mia moglie, lei e altri amici eravamo originariamente usciti per una serata normale... beh, diciamo normale a modo nostro: diritti al nostro pub preferito di Kyoto, musica e birre, tante chiacchiere e risate, fino a notte tarda quando, oramai finiti i mezzi di trasporto pubblici, non ti resta che taxi o tirar dritto fino a mattino, quando ritorneranno attivi i bus.
La nostra amica, tra l'altro, è di vicino Osaka, per cui, in realtà, il cerchio della opzioni si è velocemente chiuso: notte brava fino al mattino.
Anche se i nostri adorati barman sono molto gentili e ci rimpinzano di stuzzichini gratuitamente, comunque a furia di bere e chiacchierare, la pancia inizia a brontolare e pretende qualcosa di un po' più sostanzioso: fu così che la nostra amica ci informò del suo conoscere un buonissimo negozio di ramen in zona.
E noi scemi a fidarci pure.

Cammina e cammina ci ritrovammo in un vero e proprio labirinto che sembrava uscito fuori da un film che sarebbe anche potuto essere Blade Runner, se non fosse stato che tutto era decisamente più cupo e le case decisamente basse.
Nel punto più spazioso non riuscivamo a camminare in tre, uno accanto all'altro, e non si vedeva a più di due o tre metri prima che, vuoi il vapore denso e ricco di profumi di qualche cucina, vuoi una improvvisa curva, ci imprigionava ancora in questo labirinto.
Il soffitto era tutta una ragnatela di cavi elettrici: avremmo anche potuto vedere il cielo, in teoria, ma erano davvero un numero impressionante e così fitti come non li avevo mai visti ancora.

Per lo più non c'erano negozi che si affacciassero in questi vicoletti, se non un solitario "girls bar" dove, spesso, alla porta, si trovava una qualche signora non proprio elegantemente vestita che probabilmente si sarà chiesta cosa ci facesse questo strano assortimento di persone in quelle strade.
Incrociando un gruppo di ragazzi abbiam sentito il loro sghignazzare mentre sparivano dietro la prima curva, probabile conclusione di facili battute sull'improbabilità della nostra presenza (non che loro fossero invece proprio perfettamente dell'ambiente, ma tant'è).
Uno o due signori solitari, si sono affrettati a passarci il più velocemente possibile accanto, impossibilitati a nascondersi per quanto era stretta la via, abbassando lo sguardo e col volto coperto da una grossa mascherina... insomma mancava impermeabile e occhiali da sole e o eran pervertiti oppure spie.

Fortunatamente nessun membro della Yakuza apparve: io mi sarei anche incuriosito, sicuramente, ma credo che il resto della combriccola, formata esclusivamente da giapponesi, non avrebbe decisamente gradito.

Comunque, alla fine, il complesso di vicoli impossibili (sarà stato anche l'effetto dell'alcol, della stanchezza e forse di tutto quel vapore che dava un tocco spettrale quanto stimolante languorino... ma l'area ci sembrò decisamente immensa e io, personalmente, rimasi un po' stordito nel tentare di posizionarla all'interno del quartiere, tutto sommato piccolo) ci offrì una pietosa via di fuga attraverso il retro di uno shotengai minuscolo, una sorta di mini-via commerciale con giusto una manciata di negozi: questo si affacciava su una via "normale" e da lì trovammo un piccolo e sporco ristorantino aperto 24/24 ma a quel punto la fame, la stanchezza e il sentirsi un topo in trappola da troppo tempo ebbero la meglio e tutto ci sembrerò anche buono.
O, meglio, una volta usciti iniziarono tutta una serie di commenti che tentarono di autoconvincerci che, nonostante fosse stato tra i posti più sporchi mai visti, tutto sommato il ramen fosse stato anche buono... anche se no, decisamente non era stato per nulla buono.
Però eravamo all' "aria aperta", in grado di orientarci e, finalmente, sazi.
Tornammo al nostro pub.
E, giusto per capirci, a mattino, prima che la nostra amica prendesse il suo treno, con gli ultimi sopravvissuti all'avventura si fece "colazione" al McDonald's... per dimenticare!

 

Visto che non c'è due senza tre, ci ritornai di recente.
Nel quartiere, non nel ristorante cencioso.
Un giorno mi arrivò un messaggio di mio cognato che mi avvertiva di aver in programma una serata brava a Osaka (lui vive a Nagoya ma, come molti giapponesi, quando è il momento di rilassarsi e divertirsi, tutti a Osaka), così lo invitai a fermarsi a casa mia quando e quanto voleva.
Arrivò a Osaka venerdì sera, dopo esser passato da me a lasciarmi una piccola valigia, e ritornò solo sabato intorno l'ora di pranzo.
Mentre era sul treno per Kyoto mi disse che aveva scoperto un negozio di vestiti (mi chiedo ancora come) nella mia città che di sicuro mi sarebbe piaciuto e mi disse che, siccome anche lui voleva andarci, si poteva fare una capatina appena a Kyoto, prima del riposo dell'eroe.
Io più per cortesia che per reale interesse (in seguito però mi innamorai del negozio e ci vado spesso), lui per un veloce shopping e mia moglie perché, figuriamoci, se si parla di andar per negozi non si tira mai indietro si andò tutti e tre in questo negozio.
Mio cognato era abbastanza stordito, visto che era reduce di una notte di follie a Osaka, mia moglie era tutta intenta a parlarci e io ero lì per pura formalità, mentre la testa viaggiava per fatti suoi... insomma, morale della favola, mio cognato ci guidò perfettamente e in un baleno il negozio di vestiti era raggiunto (dai, te ne parlerò un'altra volta, o magari metterò qualche foto/video sul mio Instagram).
Come anticipavo, a mia moglie basta dire la parola "shopping" ed è giù a scodinzolare davanti alla porta, a me lo stile di questi vestiti era piaciuto particolarmente (ed è un evento così raro che o ne approfitto e compro tutto, oppure si rischia passi qualche altro decennio prima che io compri nulla più che magliette e jeans di necessità) per cui qualche tempo dopo, credo uno o due mesi dopo, io e signora decidemmo di tornarci.
Ma nessuno dei due se lo era segnato, il posto, né aveva prestato attenzione alla strada percorsa e... insomma, finimmo a vagare per il quartiere a luci rosse.
In pieno giorno era decisamente meno... magico.
Si, a furia di passar dietro a vari ristorantini comunque l'odore era quello, ma sembrava meno labirinto, meno prigione dimensionale da film horror... ciò non di meno non riuscivamo né ad uscirne né a ritrovare il negozio.
E così, passa una volta davanti ad una specie di garage, passa la seconda volta... alla terza vennero fuori due signori: uno sulla trentina e uno sulla cinquantina (forse, o forse due o trecento anni in più: è sempre difficile dare un'età al giapponese che hai di fronte e, in genere, quando lo fai, comunque sbagli in difetto), rasati a zero (o calvi, ma io credo fossero più rasati), vestiti elegantemente con giacca bianca, pantaloni bianchi... ma poi delle ciabatte ai piedi, probabilmente perché se ne stavano comodi in quella specie di garage e non avevan ritenuto importante mettersi le scarpe per una breve uscita in strada.
La taglio corta: erano due Yakuza che, con gentilezza (ora, non aspettarti inchini, sorrisetti, timidezza e l'uso del "lei": semplicemente, direttamente, con un gergo abbastanza neutro/dialettale, che a me fece anche comodo perché è quello che meglio capisco/parlo) ci chiesero se cercavamo qualcuno.
Forse avran pensato che cercavamo loro o qualcuno di loro per un qualche "affare", anche se... beh comunque io straniero, non credevo fosse per loro una cosa così normale, ma non han lasciato intendere nessun tipo di curiosità o senso di stranezza, per cui evidentemente non sono poi così rari gli stranieri che finiscono per andarli a cercare per chiedere qualcosa.
Mia moglie rimase praticamente paralizzata e tentò di borbottare solo scuse e di levare le tende ma io, visto che se gli dicevamo "no, no, tutto ok, andiamo via, abbiam solo sbagliato strada" e poi fossimo ripassati da lì altre 70 volte, visto che ci eravamo persi, magari saremmo sembrati pure scemi o loschi... e nella prima ipotesi va beh, al massimo si sarebbero fatti una risata alle nostre spalle, ma nella seconda magari non era proprio il massimo della sicurezza, provai a dire che stavamo cercando un negozio di vestiti che si trovava in una specie di shotengai tutta curve ma che non ci riusciva di trovare la zona.
Il signore anziano nemmeno ci rispose e se ne tornò dentro al garage, il più giovane ci disse di andar diritto, prendere la seconda (mi pare) a destra e poi di nuovo diritto per trovarci sulla strada principale e da lì regolarci meglio.

Seguimmo le istruzioni ma ancora prima di raggiungere la strada più ampia avevamo individuato la zona, riconoscendola e finalmente riuscimmo a trovare il negozio (che immediatamente puntammo su Google Maps in modo da evitare di andare a bussare a casa Yakuza ancora).

A ripensarci credo che mia moglie ancora ricordi queste nostre avventure con abbastanza paura, d'altronde non ha alcun motivo per provare curiosità per la malavita del suo Paese.
Io, invece, vorrei saperne molto di più ma mi trovo nell'impossibilità di andarli a "spiare", per mera sopravvivenza, oppure mi tocca affidarmi/fidarmi di libri, ma la maggior parte son opere di stranieri che non so quanto abbiano deciso di riportare la realtà dei fatti (o quanto, nel caso di buona fede, possano averla capita) e dopo le mie disavventure con i testi stranieri riguardo le religioni e la spiritualità in Giappone... sono abbastanza privo di scelte.
Magari una sera mi ritroverò uno Yakuza di basso rango, brillo, accanto, al pub, come quella sera di tanti anni fa, a Osaka... 
Come? Non te ne ho ancora mai parlato?
E allora resta sintonizzata/o e provvederò quanto prima!