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I giapponesi... non esistono!

La devo smettere di scrivere titoli altisonanti altrimenti finirà per sembrare che io scriva i miei articoli da ubriaco.
In realtà sono perfettamente sobrio e questo mi permette di fare un 
mea culpa molto importante.
Si, perché la "critica" che sto per muovere, in realtà, investe totalmente e perfettamente anche me.
Se da un lato ho sempre cercato di esser chiaro, è pur sempre vero che, nell'affrontare taluni argomenti, la generalizzazione è quasi del tutto inevitabile.
Ma veniamo al punto, così capirai che cosa voglio dire...

Partiamo da un concetto che potrà sembrare banale ma che è, in realtà, fondamentale sia per questa nostra chiacchierata che, in generale, per tutte le volte che si parla de "i giapponesi":

di cosa stiamo parlando?

Avviciniamoci al primo problema: cos'è un giapponese?
Già di per sé rispondere a questa domanda è difficile.
Proviamo a pensarci bene e proviamo a rigirare la cosa, per nostra pura comodità, con l'Italia:
Cosa determina l'essere o meno italiano in una persona?
Potremmo dire che "italiano è colui che nasce in Italia"?
Ma così una persona nata, ad esempio, in California, da genitori italiani, cresciuto seguendo uno "stile italiano" (se così possiam definire), totalmente immerso in modi di dire, fare e pensare tipici della cultura italiana, che parla anche italiano perfettamente e, insomma, uguale in tutto e per tutto, se non per luogo di nascita e cittadinanza, ad un'altra persona nata e cresciuta in Italia... non sarebbe italiano!
O si?
Allora dovremmo cambiare linea di pensiero e il tutto diventerebbe "italiano è colui che è di cultura italiana".
Benissimo, ma cos'è, in sintesi, la "cultura italiana"?
Una persona nata in Italia, magari anche da genitori italiani, ma che, per un qualche motivo, abbraccia e cresce con dei principi e valori di una qualsiasi altra parte del mondo (un esempio banale? Un italiano Buddhista, o un italiano che decida di seguire uno stile di vita come ad esempio gli Amish...) non sarebbe più italiano?
Genitori stranieri, nati e cresciuti in un Paese straniero e che ne seguono la cultura, partoriscono un bambino in Italia e questi cresce con una mentalità del tutto simile ad un italiano: non è forse un italiano, quindi?
Insomma, mi sembra chiaro che è impossibile determinare cosa sia l' "italianità" o chi possa esser considerato italiano o meno (tranne, ovviamente, in termini puramente burocratici).

Stessa cosa vale per il Giappone e i giapponesi.
Chi sono i giapponesi?
Coloro che vivono in Giappone?
Quindi anche io sarei giapponese, sotto questo punto di vista.
Coloro che sono nati in Giappone?
Coloro che sono nati in Giappone da genitori che a loro volta sono nati in Giappone da genitori che a loro volta... ecc ecc?
Ci stiamo arrampicando sugli specchi.
Teniamo da conto che, per comodità, noi si voglia definire come giapponesi coloro che vivono e han sempre vissuto in Giappone per buona parte della loro vita, immersi nella società (o, quantomeno, che ben conoscono anche a livello istintivo) e cultura giapponese e dai tratti fisici asiatici e mentalità affine alla maggioranza del resto della popolazione di cittadinanza giapponese che rispecchia gli stessi requisiti.
Insomma, abbiam fatto un papocchio ma tentiamo di capirci.

E invece non ci siamo, comunque.
Perché entriamo nel secondo problema: la maggioranza.
Se già non possiamo definire un singolo, come facciamo a determinare una maggioranza?

Semplicemente non possiamo.
Allora, per comodità, l'unica cosa a cui ci possiam appellare è dare un numero percentuale alla popolazione che ha cittadinanza giapponese (a cui daremo un 100%) e da qui poi, tramite sondaggi e studi vari, ottenere delle percentuali per capire, a seconda dell'argomento trattato, vagamente la statistica.
Quindi, in soldoni, partendo dal presupposto che non sappiamo cosa contare, ci inventiamo un po'  chi contare e da questi selezionati cerchiamo delle risposte.

E qui ti porto un esempio concreto.
Ora, la prendiamo come esempio e non ci interessa sapere quanto sia corretta o errata, ma andiamo alla pagina Wikipedia alla voce "Religione in Giappone" e leggiamo quanto segue:
su 127 milioni di giapponesi (?) interpellati 28 milioni di essi hanno risposto di esser Buddhisti, mentre 85 milioni han risposto di esser "non religiosi".
Cosa vuol dire questo?
Abbiamo due opzioni: esser semplicistici e, strutturalmente, parlar del nulla dicendo "i giapponesi sono non religiosi" (e non servirebbe a nulla sembrar più precisi affermando "la maggioranza dei giapponesi, secondo le statistiche, non è religiosa") oppure tenere questo dato semplicemente per avere una vaga immagine del tutto, consci che possa voler dire tutto e niente.
Perché, in questo caso d'esempio, e ci tiene la pagina stessa di Wikipedia a specificare, tra gli 85 milioni di giapponesi che si sono definiti "non religiosi" potrebbero rientrare i Fedeli Shintoisti che (semplicizza per comodità) non si rispecchiano in nessuna organizzazione religiosa.
Tanto di cappello, per altro, a Wiki perché la questione è a dir poco immensa (ci ho dovuto dedicare una buona parte del mio libro sullo Shintoismo per tentare di render chiara questa peculiarità!) e si è mostrata grande onestà intellettuale nel menzionarla in una statistica, in pratica dicendo che la statistica vuol dire poco e nulla.

Un altro caso di statistica che può voler dire tutto e nulla?
Parliamo di suicidio.
Torniamo sempre a Wikipedia non perché la ritenga come la voce finale su tutto, ma solo perché non stiam discutendo della statistica in sé ma di un concetto più ampio.
Wiki ci dice che, nell'arco temporale di un anno, su 100.000 abitanti, il Paese col più alto tasso di suicidi al Mondo è la Groenlandia, seguita dalla Lituania, Corea del Sud, ecc ecc fino ad arrivare al settimo posto col Giappone.
Cosa significa tutto questo?
Torniamo al punto di partenza: nulla.
Questi 100.000 esseri umani in base a cosa vengon conteggiati? 
Residenza, cittadinanza... cosa?
In questo caso, a mio avviso, sarebbe opportuno calcolare in base alla residenza, semplicemente, ottenendo quindi una statistica un po' più utile e concreta di quella precedente riguardo alla religione, ovvero quante persone si suicidano in Giappone.
Non "quanti giapponesi si suicidano", bensì "quanti esseri umani di ogni genere e tipo ma che risiedono per lunghi o brevi periodi, mentre si trovano sul suolo giapponese, si suicidano"?

Abbiamo quindi già scorporato completamente il concetto di essere giapponese e usiamo concetti molto più tracciabili: residenza, cittadinanza, presenza...

Peccato che, purtroppo, alla fine della fiera, anche in questo caso, almeno prendendo in esame la statistica sul Giappone, non abbiamo ottenuto praticamente nulla.

Wiki ci ha detto che, in Giappone, nel 2013, c'è stato un tasso di suicidio del 20,7%.
Quindi ci ha detto che su 127 milioni di abitanti della Nazione denominata Giappone, nel 2013 si sono suicidati più di 26 milioni di persone in un anno.
E sui morti c'è poco da filosofeggiare o tirar su opinioni: se uno è morto... è morto.
Si tratta di dati anagrafici su cui si può difficilmente metter mano o crearci su opinioni: son persone morte suicide.

No.
Ovviamente non è così.
Sempre da Wikipedia, alla voce "Suicidio in Giappone", ci dice che nel 2011 si sono tolte la vita qualcosa come 30.000 persone.
Che non sono 26 milioni di persone e che quindi non fanno il 20% di tasso.

E c'è una bella differenza tra il presentare una statistica che afferma che il 20% dei giapponesi si suicida e mostrare un dato concreto in cui si mostrano 30.000 persone (che sono sempre tantissime, e, non vorrei infierire, ma è vero da un lato che le statistiche a riguardo stanno migliorando anno dopo anno... ma stiam parlando comunque di 30.000 di persone che si son suicidate nel corso di un anno).

Ma dopo questa grave, seppur dovuta, digressione, torniamo a noi.
Ovvero alla statistica.
Cosa ci dice questa statistica?
Che in Giappone 30.000 persone si sono suicidate nel corso di un anno.
Ma ci dice davvero questo?
In realtà, ancora una volta, no... non ci dice realisticamente nulla.

Riguardiamo un attimo le statistiche.
Tokyo, nel senso di confine urbano specificatamente indicato come città di Tokyo, fa 15 milioni di abitanti (circa il 12% dell'intero Giappone).
L'area di Tokyo (chiamata Megalopoli del Kanto) fa 35 milioni di abitanti (più del 25%).
Solo a Tokyo si sono suicidati, nel 2013, circa 3000 persone e nell'area della Megalopoli circa 6000.
Su 30.000 persone che hanno purtroppo scelto di togliersi la vita, più di 3.000 sono abitanti di Tokyo.
Sembra un dettaglio ininfluente, ma non lo è.
Parliamo sempre dello stesso discorso, purtroppo, e ovvero che non parliamo di nulla:

1/10 dei suicidi in Giappone in realtà sono suicidi in Tokyo.
E prendendo in esame l'area della Megalopoli?
La percentuale supera perfino il 20%!

 

Tutto va riesaminato, quindi.
Parliamo di un popolo (quello giapponese) come di un popolo non religioso sebbene potenzialmente non solo son tutti Fedeli Shintoisti (potenzialmente, ribadisco) e parliamo di un Paese con un altissimo tasso di suicidio in cui, in realtà, questo triste fenomeno è praticamente divenuto rilevante solo per i numeri all'interno dell'area della Megalopoli che chiamiamo Tokyo.

In parole povere non abbiamo in mano niente.
Non sappiamo come determinare cos'è un giapponese.
Ne deriva che non abbiam modo di affermare chi siano i giapponesi.
Le statistiche abbiam ben visto che, anche appoggiandosi a termini precisi ed ineluttabili quali burocrazia, anagrafe e simili, non ci riescono a dir nulla (e, lo ripeto, ora sto prendendo in considerazione in Giappone, ma il discorso vale per qualsiasi posto al mondo o quasi)...

 

E con tutto questo, cosa ho voluto dire?
Perché se ho scritto un papiro di tali dimensioni uno scopo ultimo ci dovrebbe pur essere, no?
Si, c'è.

Quando (su internet quanto su libri o di persona) si parla di i giapponesi in realtà si sta parlando di nulla.
Non stiamo dicendo nulla di utile o di concreto, nulla di neanche solo vagamente vicino alla descrizione di nulla.
"I giapponesi sono educati" non vuol dire nulla.
"La maggior parte dei giapponesi è non religiosa" non ha senso.
"In Giappone c'è un alto tasso di suicidio" è una frase detta tanto per.

Dobbiamo tutti, me compreso o, forse, addirittura in primis, abituarci al concetto fondamentale:
stiam parlando di esseri umani, come me, te, chi ti circonda, chi mi circonda... tutto il mondo intero.
Possiam parlare di qualcosa che accade in un Paese piuttosto che in un altro, certo, ma non possiam parlare di un Popolo, perché il Popolo è unico per tutto il pianeta, divisibile solo burocraticamente ma non descrittivamente.

 

 

Che argomento complesso...

mi chiedo quanto sia riuscito ad esser chiaro, a spiegarmi...

Ma, prima di chiudere, mi permetti un giochino?
Magari lo riproporrò sulla mia Pagina di Facebook e sul Profilo di Instagram, così, per divertirci...

rispondi a questa domanda:

 

c'è un qualcosa che puoi, con certezza assoluta e senza possibilità di errore, dire a riguardo degli italiani nella loro interezza?

 

Ovvero: puoi affermare assolutamente "tutti gli italiani sono/fanno/hanno..."?

Passa dai miei social appena indicati e lascia la tua risposta, sono davvero curioso di creare un dibattito a riguardo!