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Cosa pensano REALMENTE i giapponesi degli italiani?

Lo ammetto, all'inizio avevo pensato di fare l'affarone: una bella intervista a una ragazza giapponese, magari allegando qualche foto...
Poi però mi son reso conto che, si, è vero, questa cosa mi avrebbe portato un qualche chilo di visualizzazioni in più, ma che posso anche farne a meno...
e allora?
Allora ho deciso di fare un'intervista senza l'intervista... ovvero sviscerare quello che i giapponesi pensano VERAMENTE di noi italiani e che riesci a fartelo dire solo quando cade la "maschera"...

 

 

Si trovano spesso, sempre più spesso (a volte anche troppo spesso), in rete varie interviste a ragazzi e ragazze (più spesso le seconde e quasi sempre sono pure carine... casualmente) giapponesi in cui vengono poste delle domande sull'Italia e sugli italiani... domande del tipo: ti piace l'Italia? Cosa ne pensi? Cosa ne pensi degli italiani?Insomma tutto quel genere di domande la cui risposta sarà sempre e comunque scontata nella stragrande dei Paesi del mondo.

 

Prima di potersi approcciare ad un'intervista con dei giapponesi, bisognerebbe sia conoscere alcune loro convenzioni sociali e, magari, anche renderle note al pubblico.

 

Parlo di Honne Tatemae.

Cosa sono?

 

Hai presente quando, ad esempio, qualcuno starnutisce e ti viene istintivo rispondere "salute"?

Ecco, non c'è bisogno che sia io a spiegarti il perché questo accade: lo abbiamo oramai nel DNA, ce lo hanno inculcato fin da bambini, tutti attorno a noi lo fanno, istintivamente la nostra bocca reagisce e pronuncia questa parola...

Honne Tatemae sono la stessa cosa per i giapponesi, solo che non scattano al momento dello starnuto.

 

Ma vediamoli assieme:

 

  • Honne (本音) significa "il vero suono" e si riferisce a ciò che interiormente si prova riguardo qualcosa o qualcuno, il proprio reale pensiero su qualcosa e le proprie emozioni... insomma tutto ciò che più di vero esiste in un essere umano.
  • Tatemae (建前) significa "facciata" e si riferisce a ciò che per educazione, consuetudine e dovere sociale va detto e/o fatto e come questo vada detto e/o fatto.

In parole povere ogni giapponese, per cultura, dalla nascita e oramai inciso a fuoco nel DNA, ha questa dicotomia dove da un lato c'è ciò che provano riguardo un determinato argomento e dall'altro tutta una serie di regole comportamentali su come esprimere tale sentimento.

 

Per fare un esempio banale, confrontando con l'educazione italiana, potremmo parlare di un film.

A me magari questo film non è piaciuto proprio, sotto nessun punto di vista, mentre al mio interlocutore è piaciuto tantissimo.

L'educazione mi imporrebbe di non dire "il film fa schifo" per non ferire i sentimenti del mio interlocutore, ma basta anche solo un "a me quel film non è piaciuto molto" per essere sinceri (cosa apprezzata) e allo stesso tempo educati (cosa apprezzata).

In Giappone funziona in maniera diversa:

sia "il film fa schifo" che "a me quel film non è piaciuto molto" non sono frasi carine da dire, mettono comunque in imbarazzo il mio interlocutore, creo un disagio e un attrito, seppur minimo... la sincerità può essere momentaneamente accantonata, per una cosa così da poco, e far prevalere l'educazione e il rispetto... glisserò la risposta, se proprio non me la sento di dire un timido "ma si dai, era carino".

 

Bene, ora prendi questo esempio e inseriscilo in tutti i contesti possibili ed immaginabili e hai un'idea delle regole comportamentali e sociali giapponesi e del tatemae.

 

"Ma tutti seguono questo honne e tatemae? Non ci credo!"

Liberissimo di non crederci, ma ricorda che in Giappone la società è rigidamente strutturata e tutto si basa su dei binari ben precisi: il lavoro, la famiglia, le relazioni interpersonali...

questo non significa che siano tutti dei robot senza cervello e senza emozioni, ma semplicemente che la società (e quindi gli individui che la compongono) hanno una cultura e un modo di fare che "ama" seguire degli schemi ben precisi.

 

Insomma è più facile trovare un italiano che non dice "salute" quando un amico starnutisce, piuttosto che un giapponese che esterna (con uno straniero poi!) il proprio honne!

 

Se sapeste quante volte, invitando qualcuno a uscire, mi son sentito rispondere "eh vorrei, ma sono impegnato" e non sapevo se era vero o se non voleva proprio uscire con me!!

 

Ora che abbiamo tutti bene in mente questa doverosa premessa (quasi sempre dimenticata o comunque omessa), come possiamo realizzare un'intervista (e soprattutto un'intervista dove l'oggetto delle domande, strutturalmente, è uno degli interlocutori) sperando di ottenere risposte totalmente veritiere?

Semplicemente non possiamo.

E allora di cosa parlo in questo articolo?

 

Qui entra in gioco l'alcool.

No, non sto scherzando.

Le opinioni, i commenti, ciò che sto per scrivere è tutto frutto di "indiscrezioni" che ho sentito quando chi le diceva pensava che io non capissi la lingua, oppure dagli amici più intimi e dalla famiglia oppure al bar, dopo numerosi bicchieri...

 

Sei pronto?

Iniziamo!

 

  • mammoni: si, la prima cosa che stupisce molti giapponesi del comportamento di noi italiani è il nostro attaccamento alla figura materna. 
    Il terrore di un complesso di Edipo aleggia sempre nell'aria e, a volte, un attaccamento che per noi italiani sembrerebbe solo un po' "da bambinone", per i giapponesi risulta perfino forse perverso.
    Va specificato che questo nasce anche dal fatto che i rapporti familiari tra giapponesi tendono ad essere molto diversi rispetto ai nostri, con la figura paterna autoritaria e un po' "spaventosa", mentre quella materna è più accomodante ma sempre il tutto focalizzato su un grande rispetto... meno coccole, insomma.
  • playboy: e direi che questa non è una novità.
    Forse dovuto soprattutto al fatto che molti (non solo) italiani, una volta all'esterno, cercano l'avventura (e magari anche più di una) o magari, purtroppo, anche per le marachelle del passato (solo del passato?) di italiani sposati con giapponesi che non si esimevano nel corteggiare tutto ciò che respirava e si muoveva e che gli capitava a tiro.
    Cerchiamo di capirci, non è che i giapponesi siano degli stinchi di santo, ma ci sono delle regole sociali anche nel campo del corteggiamento (un esempio? Per strada non provateci proprio a corteggiare una ragazza, perché nemmeno si fermerà a guardarvi...) per cui "questo genere di cose" dovrebbero esser fatte in maniera che non sia sotto gli occhi di tutti o comunque troppo plateale (e anche qui io avrei da ridire, perché ne ho viste... ma non stiamo parlando di cosa penso io, per cui...).
    Vale solo per i ragazzi... per le ragazze, spesso, vengono etichettate come "spaventose", nel senso che essendo molto più amichevoli e spigliate delle giapponesi (e anche qui...) spesso intimidiscono un po' l'uomo giapponese, più abituati a un genere di donna mansueta e silenziosa (prima che qualcuno parta in quarta con le solite accuse di maschilismo verso il popolo giapponese, per cortesia, cerchiamo di ricordare che si chiama "cultura sociale" quel qualcosa che nasce da tempi antichi e, convivendo e adattandosi all'evoluzione di un popolo, rimane come caratteristica tipica... per cui non è che il giapponese uomo cerca la schiava silenziosa che passa la vita in cucina e a sfornare figli, ma diciamo che la ragazza che magari lo abbraccia e schiamazza la vede un attimino come... rude!)
    Questo però è da vedere, sia per i ragazzi che per le ragazze, come una lama a doppio taglio... perché se è vero che da un lato un po' spaventa... dall'altro non sono poi così pochi i giapponesi che si sentono attirati da questo "tsunami emotivo" che una storia con un italiano potrebbe scatenare...
  • alla moda: noi di moda ne capiamo.
    Come ci vestiamo bene noi ragazzi, come siamo mascolini noi uomini, come sappiamo abbinare bene i colori e i modelli noi italiani e che trucco perfetto, che capigliatura affascinante che abbiamo noi donne... insomma, se siamo di Milano ancora di più, ma in generale noi italiani ne capiamo di moda, per cui, anche se usciamo in pigiama e spettinati per far la spesa nel conbini sotto casa, comunque siamo fashion.
  • chef provetti: una cosa che mi fa sempre riflettere è vedere un italiano che, al momento di conoscere un giapponese, gli inizia a fare ogni sorta di domanda sugli argomenti più complessi della storia, architettura (una volta sentii un "e di che anno sono queste antiche lanterne di pietra? E che pietra è?"... ma cosa ne saprà mai un povero passante casuale?) e naturalmente anche cucina.
    L'italiano medio pretende che ogni giapponese che incontra sia capace di cucinare piatti come il sushi e il ramen.
    Sotto questo punto di vista siamo simili, perché anche i giapponesi si aspettano che noi si sia una sorta di mix tra un menù di vini pregiati e un ricettario: conosciamo tutti i vini, soprattutto quelli poi famosi in Giappone che, si sa, sono il top del top (marche mai sentite...) e che noi si conosca la ricetta di ogni sorta di piatto tipicamente italiano (che poi si scopre essere un'invenzione giapponese che magari si ispira vagamente a un piatto italiano ma si è perfino inventata il nome... come la Pizza Bismark che, in Italia, non avevo mai sentito...) e, ovviamente, sappia cucinare benissimo.
    Non vi dico la sorpresa quando rendo noto di non conoscere quasi nulla della cucina italiana e di non esser nemmeno capace di riscaldare il latte la mattina...
  • bugiardi e imbroglioni: fino a qui si è riso e scherzato, ma qui entra in campo la parte triste.
    Fino a che si dice/pensa che siamo dei furbacchioni che amiamo raggirare le regole, anche se non è una bella cosa, purtroppo faccio anche fatica a negare la cosa... specie quando, quotidianamente, vengo contraddetto dal modo di agire a dir poco screanzato di alcuni italiani in visita o, ancora peggio, residenti (non tutti ovviamente, ci tengo a precisarlo, perché ho incontrato turisti italiani davvero integerrimi e squisiti!): tra chi si ruba le bacchette per mangiare nel ristorante, convinto di non esser stato visto... ma che in realtà è stato notato ma in un mix di pietà e di non voler creare confusione per un oggetto da 100 yen, gliela si lascia passare... e chi compra il biglietto della metropolitana per bambini perché costa di meno e, al momento di superare i tornelli, passano in due alla volta... e anche qui lo staff li vede ma fa finta di nulla (ma a volte li fermano e poi senti pure le lamentele "eh ma per un biglietto, che esagerati!")... e potremmo andare avanti a lungo con le furberie minori.
    Ma spesso, soprattutto alla nascita di un rapporto serio, quello che magari spaventa e frena la controparte giapponese, sono le numerose storie di italiani sposati in Italia ma che sono giunti in Giappone, spacciandosi per single, per cercare fortuna lavorativa... e la cercano alle spalle del povero partner fregato.
    Le storie su famiglie che si sono ritrovate umiliate e a dover pagare debiti perché un italiano in relazione con un giapponese decide di aprire una pizzeria/ristorante (ricordi che siamo anche playboy chef?) ma che, non avendo i mezzi per iniziare e chiedere un prestito, si fa fare da prestanome dalla famiglia giapponese... e poi quando le cose vanno male, molla tutto e si volatilizza... beh, non sono storie così sconosciute tra i giapponesi.
    Coppie che si sono dovute sciogliere in silenzio, nonostante l'italiano convivesse da un po' oramai a casa della famiglia della controparte giapponese perché, col tempo e l'aiuto di questa, avendo trovato un lavoro (e un Permesso di Soggiorno) è diventato in grado di far entrare in Giappone la sua famiglia, consorte, e figli magari, che già aveva in Italia... ecc ecc...
    Insomma, è ovvio e banale che non tutti gli italiani si sono comportati male e/o si comportano male in Giappone, ma ce ne sono stati di casi in passato (anche non solo passato...) e in una società dove, in genere, prevale l'onestà (anche senza che questa debba venir imposta con la forza della legge), casi come questi rimangono ben marchiati a fuoco nell'immaginario collettivo.
  • allegria: la nostra caratteristica per eccellenza (subito dopo lo chef, comunque!) ed è quella che, in genere, nonostante tutti i lati negativi che abbiamo, comunque ci rende amabili e desiderati vicino... siamo allegri, amichevoli, solari e sappiamo creare una bella atmosfera, dove le emozioni e le sensazioni, dove i sentimenti vengono a galla e siamo capaci, con la nostra semplicità e spontaneità, di far salire le lacrime di gioia agli occhi inondando di belle emozioni anche al primo incontro.
    E di questo ce ne rendono abbondantemente conto!
    Fidatevi: non capita la stessa cosa con gli americani, australiani, francesi o spagnoli... quando nell'aria si sente che c'è un italiano in zona, tutti si aspettano che da lì a poco l'atmosfera diventi di un'allegria inarrestabile!
    E in genere non li deludiamo!
  • rudirumorosi sporcaccioni: questa non è qualcosa di legato solo a noi italiani, in realtà è opinione diffusa riguardo un po' tutti gli stranieri e la riporto solo per amore di completezza.
    Rudi? E' facile da intuire... ti ricordi il discorso su honne tatemae?
    Ecco, in Italia la sincerità è una caratteristica che si stima tantissimo, anche quando fa male... ecco, in Giappone invece, quando fa male, diventa esser rudi.
    Rumorosi... va beh, devo davvero spiegarlo?
    Basti pensare che in Giappone è considerato maleducazione esser rumorosi quando ci si trova sui mezzi pubblici, soprattutto parlare al cellulare... nell'era di YouTube dove trovi tutti in metro, in treno o sul bus a fare video vociando beceramente...
    Sporcaccioni... beh su questo un po' vorrei sollevare una critica...
    ok, è vero che di stranieri che gettano cartacce ovunque ne sbarcano ogni giorno a migliaia ("eh ma non è colpa mia! Colpa di 'sti giapponesi che non mettono i cestini della spazzatura in giro... cosa pretendono? Che mi porto un piccolo fazzoletto in tasca fino a casa?") e su questo non oso dargli torto, perché è una dimostrazione che il "civilizzato (e, permettimi di aggiungere, tanto avanzato e "giusto") occidente" davvero si potrebbe risparmiare.
    Ma che un turista non sia proprio profumato e pulito, dopo che si è fatto 25 km al giorno a piedi per visitare i vari punti di interesse, sotto il sole o la pioggia o quel che è... beh direi che gli si può anche condonare che non emani il migliore dei profumi.
    E' vero che la diversa struttura corporea porta noi occidentali ad avere un "odore corporeo" più forte, in genere, rispetto ad un asiatico (a parità di livello di pulizia personale, ovviamente) e direi che oramai la cosa è anche ben nota...

 

Comunque, nel bene o nel male, ecco come ne usciamo nell'immaginario collettivo giapponese.

Ora, parliamoci francamente, dopo aver saputo dell'honne e tatemae e, anche volendo in qualche modo pensare che lo si riesca a scavalcare tramite condizioni particolari... 

sinceramente, tu credi davvero di poter trovare un'intervista dove un/una giapponese ti dice in faccia questa cose?

 

Cosa ne pensi di questa "intervista indiretta"?
Ti ritrovi in alcuni di questi punti?
Credi che alcuni invece andrebbero in qualche modo cancellati?
Ne usciamo tutto sommato bene, realisticamente, o siamo oggetto di incomprensione e malinteso?