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Quell'ignoranza dei giapponesi...

Sono sul treno in direzione Nara, la splendida città nota per il suo grande parco che, tra le altre cose, ospita migliaia di lanterne di pietra decorate dal muschio dei tempi e per i cervi che girano in tutta tranquillità, mescolandosi agli uomini.

Ho una grossa valigia con me e sto cercando con attenzione un posto particolare in cui, per lavoro, mi devo recare: lo sto cercando perché non ci sono mai stato, non si trova nella zona visitata dai turisti (che poi è quella che, più spesso, visito anche io) ma anzi sta da tutt'altra parte, nella parte della città vera e propria, quella con palazzi ed uffici.
Un anziano signore mi si avvicina.
Il suo fare è chiaramente intriso di buoni propositi, come testimonia il bel sorriso con cui mi si rivolge, ma, allo stesso tempo, questo sorriso è macchiato da una certa... paura, come una titubanza che lo frenasse dall'approcciarsi con tranquillità ad uno straniero.
Mi domando, dentro di me, il perché.
L'anziano signore mi rivolge la parole in un inglese un po' stentato nella pronuncia ma, a giudicare dalle forme grammaticali che usa (di certo migliori delle mie) sembra conoscer bene, sulla carta, la lingua: mi chiede se ho bisogno di indicazioni, di aiuto.
E qui ha inizio una discussione che mi ha lasciato negativamente perplesso...

 

 

Non era una cosa a cui avevo mai pensato ma, tutto sommato, ricordavo di averla sentita qui e là:

i giapponesi sono ignoranti, non sanno nulla del loro Paese.

Come per molte delle affermazioni che partono con "i giapponesi", come se questi non fossero persone, e quindi individui singoli accomunati per lo più da tratti fisici prima che caratteriali, ma bensì come se fossero un'unica entità invischiata in una sorta di "unimente", in genere non ho prestato molto orecchio: quando qualcuno fa dichiarazioni simili, a meno che non parli di qualcosa di volutamente generico (ad esempio tradizioni, religione e simili... e anche qui andrebbe sempre considerato che quel "i giapponesi" non può, logicamente, mai includere tutta la popolazione nipponica), evidentemente non sa nemmeno di cosa sta parlando e manca completamente di quel minimo di coscienza, di cultura, che permette di comprendere che un popolo non è formato da un unico individuo ripetuto per X copie, bensì da un insieme di individui unici e pensanti, cresciuti con le loro proprie esperienze, accadimenti e influenze.

Soprattutto oggi, nel XXI secolo, quando, complici i viaggi sempre più a portata di tutti e internet che permette a tutti di esser connessi con tutti, oramai ci sono sempre più contatti tra culture differenti e influenzamenti, volontari o meno.

 

Come capita ad alcuni, molti o pochi che siano, italiani di esser affascinati da altre culture, specialmente quelle che vengono definite "esotiche", le più distanti (non solo in termini geografici) dall'Italia, anche in Giappone vi sono giapponesi estremamente curiosi, affascinati e desiderosi di avere contatti con gli stranieri: se prendiamo questo tratto e lo uniamo alla rinomata gentilezza e cortesia che è propria della cultura e dell'educazione giapponese, allora otteniamo persone come il signore sul treno per Nara.

 

Per venire al sodo: sto parlando (scrivendo) della frase fatta e ignorante che afferma "i giapponesi sono tutti ignoranti, non sanno niente, nemmeno del loro stesso Paese".

Ma com'è possibile che sia nata una tale affermazione?

 

Ringrazio gentilmente l'anziano signore, parlandogli in giapponese, pensando di fargli tutto sommato un favore.
In realtà, qualche minuto dopo, scoprirò che avrebbe preferito continuare a parlare in inglese, per poter allenare ancora l'uso di tale linguaggio.
Mi scusi.
Comunque, lo ringrazio per l'interessamento ma, gli spiego, vivo in Giappone e ho dimestichezza con gli spostamenti locali, soprattutto nella regione del Kansai, dove vivo e ho vissuto, ma che, per lavoro, dovendo raggiungere un punto di Nara che non ho mai neppure visto da lontano, stavo un po' combattendo con le indicazioni stradali di Google Maps.
L'anziano signore ha sempre vissuto a Nara, praticamente, per cui si offre di darmi qualche indicazione e così ne parliamo velocemente e ascolto i suoi consigli.
Lo vedo più rilassato, man mano che le fermate si susseguono, e della cosa ne sono davvero lieto, ma mi rimane la curiosità: perché, se all'inizio era in qualche modo spaventato nel rivolgermi la parola, ha comunque voluto (e che lo desiderasse profondamente è ancora evidente) attaccar bottone con me?
E' solo alla fine, alla fermata finale, che scoprirò di cosa si tratta...


Prima di procedere con questo articolo ti vorrei fare cinque domande.

Prendile come un questionario per un esame, ma non imbrogliare: è ovvio che, con una veloce ricerca su internet, potresti rispondere correttamente e dettagliatamente ad ogni domanda... ma se tu lo facessi rovineresti lo scopo di questo piccolo test.

Procedo con le domande:

 

  • il Colosseo quando è stato edificato, da chi e perché?
  • cosa simboleggia il copricapo del Papa?
  • qual'è il monumento più antico della tua città (in caso tu abbia vissuto in più di una, scegli quella che più ti aggrada)?
  • perché la Torre di Pisa pende e come mai non cade?
  • perché, nelle processioni religiose, si portano le effigi dei Santi e/o Madonne in parata in giro per la città?

 

Io, ti dirò la sincera verità, a quasi tutte queste domande non saprei rispondere.

Certo, il Colosseo forse è la più semplice... ma rimane il fatto che i dettagli richiesti, in tutta sincerità, non sarei poi tanto sicuro nell'esporli.

Le altre, invece, non ne ho proprio la minima idea.

Per questo posso esser etichettato come ignorante?

E quanti italiani (tra i quali quelli che tacciano di ignoranza "i giapponesi"), secondo te, saprebbero rispondere (onestamente, senza andar a guardare subito su internet per far bella figura)?

Allora gli italiani sono ignoranti?

Ribaltando queste domande su storia e cultura francese, pensi che i francesi risponderebbero meglio?

I tedeschi?

Gli inglesi?

 

"Sai", mi racconta, "a me piacerebbe avere molti amici stranieri, soprattutto inglesi (va beh, questa parte non era importante... NdA).
Per questo, quando vedo i turisti che viaggiano su questa tratta, che io percorro quasi tutti i giorni... mi viene da avvicinarmi e provare a chiedere se posso essere d'aiuto.
Un paio di volte ho accompagnato coppie di turisti in giro per Nara, mostrandogli il parco, il Grande Buddha e altro ancora...

solo che, ogni volta un po' mi spavento, perché... lo vedi, io sono solo un pensionato, non sono un esperto di storia... e invece i turisti mi fanno sempre tante domande, domande a cui non so rispondere:

mi chiedono in che anno è stato edificato il Tempio, in che legno è costruito il grande portale, mi chiedono qual'è il monumento più antico di Nara oppure come mai ci sono i cervi...
io mi ero messo a studiare, un po', visto che non lavoro più e ho tempo libero, ma ho una certa età e non mi ricordo, dopo un po', quello che ho studiato...

e allora mi vergogno molto, vedo che ci rimangono male perché non so le cose che mi chiedono.

E ci rimango male anche io.

Quindi un po' ho smesso, do qualche informazione per le direzioni, quando posso, ma non mi ci metto più molto a chiacchierare... e mi dispiace, perché mi piacerebbe molto avere amici stranieri con cui chiacchierare di tante cose."

 

Non ci avevo mai fatto caso.

Eppure è una cosa così naturale...

quante volte, anche io, senza pensarci, ho chiesto a mia moglie riguardo dettagli storici, culturali, tradizionali e religiosi... è ovvio che non poteva rispondermi.

Ma mia moglie prendeva il cellulare, cercava in rete, e mi dava una prima risposta per soddisfare un minimo la curiosità che nasceva, in realtà, anche in lei.

Ma, oggettivamente, se penso al mio me stesso di qualche anno fa, in Italia, magari mentre sto andando a lavorare, in una strada percorsa anche migliaia di volte, ma sempre pensando ai fatti miei... se mi immagino fermato da una coppia di turisti che, indicandomi una chiesa o un museo, mi chiedessero "in che anno è stata edificata?"

Io non avrei potuto rispondere, in alcun modo.

Allora sarei stato etichettato come ignorante.

 Ignoranza s. f. [dal lat. ignorantia].

  1. Con sign. ristretto, l’ignorare determinate cose, per non essersene mai occupato o per non averne avuto notizia 
  2. Più comunemente, la condizione di chi è ignorante, cioè privo d’istruzione
  3. Mancanza di educazione, villania

 (Treccani)

 

Se guardiamo alla prima definizione, allora si, lo ammetto, sono un ignorante.

E, con me, temo, anche tanti, se non quasi tutti, gli italiani che non abbiano compiuto studi storici, religiosi e riguardanti culture e tradizioni. Ovvero, praticamente, a parte una manciata sparsi nel tempo, tutti.

Se guardiamo alla seconda condizione, direi che non sapere in che anno è stato edificato il Santuario di Kasuga o da quale albero è stato ricavato il legno per la costruzione del Tempio di Kiyomizudera non è decisamente un elemento per il quale si possa determinare la quantità e qualità degli studi di una persona (anche perché, un genio della matematica, ad esempio... lo saprebbe?) o, peggio ancora, di un popolo.

La terza, invece, ben si addice a chi si permette di andar in giro dicendo che i giapponesi sono ignoranti.

 

Ci scambiamo i contatti, promesse di risentirci a presto, vederci e magari andare a cena in qualche bel posticino che io (a Kyoto) o il signore (a Nara) si consiglia.
Ho un nuovo amico.