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Perdersi nel quartiere

C'è poco che io possa fare: con la bicicletta sono una frana.
A piedi sarei in grado di andare ovunque e camminare per ore e ore, ma se inforco la bicicletta non so mai se e come tornerò a casa.
Avrò fatto la strada che porta da casa mia al supermercato più vicino oramai un centinaio di volte, ma in genere sempre seguendo mia moglie... per una volta che ci sono andato da solo... ecco il risultato: mi sono perso.
Non so esattamente bene come sia successo, in fondo dovevo solo procedere in linea retta, ma forse perché pensavo ai fatti miei o forse per volere del Destino... ho sbagliato una traversa.
Si, non me ne sono andato centinaia di metri in chissà quale direzione sbagliata, semplicemente mi sono addentrato nel cuore del quartiere.
E non è stato un male.

 


Fin dai miei primi giorni in Giappone, una delle cose che più mi è sempre piaciuto, è quella di vagabondare per strade sconosciute: più vedo che una traversa viene ignorata e più mi incuriosisce, più vedo che nessuno imbocca una certa via e più, in me, sale il desiderio di esplorarla.

La prima volta che sono finito in questo luogo che voglio mostrarti, è stato per puro caso: imboccando una traversina sbagliata mi sono trovato a passare per il centro del quartiere, invece che nei suoi bordi come, per comodità, sempre faccio.

 

A guardarlo dall'alto e dall'esterno, il mio quartiere mi era sempre sembrato un luogo molto semplice, pulito, ordinato ma anche piuttosto anonimo: un classico quartiere residenziale dove si trovano tante belle casette, tutte vicine l'una alle altre, ma senza nulla che potesse renderlo speciale.

A Kyoto ci sono dei luoghi che definire meravigliosi, per me, è dir poco: le stradine che conducono serpeggiando al Tempio Buddhista del Kiyomizudera, l'affascinante mistero del Gion e delle sue Geisha, il susseguirsi dei ponti dalle parti del Santuario Shintoista di Seimei...

paragonato a questi splendidi luoghi, il mio quartiere non destava in me alcun interesse.

Come potevo immaginare che, nascosto nel suo cuore più interno, circondato da tante anonime e carine, banali casette, potesse nascondere un luogo così affascinante?

 

Volto un angolo e... dinnanzi a me si trova un maestoso portale, di quelli che segnano, in genere, l'ingresso per i Templi Buddhisti.

 

Mi avvicino per osservarlo meglio e scorso, accanto, un cartello.

Mi fermo un attimo a leggere.

 

Questo quartiere, il cui nome è Sumiya, era un tempo un quartiere del tutto simile al famoso Gion: un Hanamachi, quartiere di Geisha, dell'Età Edo.

Era molto apprezzato e famoso, ma perse duramente il confronto con l'oggi ben più famoso Gion, e lentamente venne dimenticato.

Le Case del Tè sparirono, le Geisha si dovettero spostare nel Gion oppure decadere e perdere la facoltà di continuare nella loro nobile professione.

C'era una gran vita, qui: case da tè, locande e perfino prostitute, alcune delle quali molto famose: una delle più apprezzate Oiran (la più importante di una "casa del piacere") era qui che risiedeva.

 

Più il Gion cresceva e più il Sumiya perdeva lustro, fino a che non divenne un quartiere come tanti altri: perfino le Case del Piacere si trasferirono.

Quando finì il tempo delle Geisha e il Gion divenne solo un punto focale per attirare turisti, nessuno si ricordava più di Sumiya.

E così vennero costruite case, vicino al grande Tempio Buddhista di Nishi Honganji venne costruita una scuola, che divenne una università e ancora, tutto attorno, tutto un complesso di scuole dall'asilo alle superiori.

Il quartiere divenne un quartiere residenziale, pulito, tranquillo e anonimo.

 

Ma nel suo cuore, nascosto dalle case, dai negozi e dai supermercati, si trova ancora l'antico quartiere dei piaceri di Sumiya.

Rimane lì, silenzioso ma affascinante.

Qualche ristorante, per lo più antiche case in legno.

Le macchine non ci passano, le persone non lo conoscono... giusto qualcuno che ci vive affacciato sa della sua esistenza, ma non se ne cura.

Un'anziana signora con una grossa busta della spesa lo attraversa, poi un signore in bicicletta, una madre con un bambino molto piccolo in braccio... nessuno si guarda attorno, nessuno di loro alza lo sguardo alle affascinanti finestre.

 

Io mi fermo ad osservare rapito, oltre il Mon, il portale di cui poc'anzi.

Rimango interdetto e affascinato: come poteva celarsi una simile bellezza, tra case e appartamenti del tutto comuni? Come può un luogo simile rimanere totalmente sconosciuto?

Supero il portale e mi introduco, lentamente, con rispettoso silenzio, come si farebbe in una chiesa.

Attraverso con calma la via principale, osservo tutto ciò che mi circonda.

 

Davvero è, oggi, così diverso dal Gion?

Davvero merita di rimanere dimenticato, offuscato del tutto dal più famoso quartiere?

 

Ai miei occhi non è così diverso.

Rimane affascinante e misterioso, forse tanto, se non più, del famoso quartiere di simile origine.

 

No.

Mi sbaglio.

Non è simile. Davvero è molto più bello.

 

Certo, qui non è possibile incrociare per qualche secondo la strada con una sfuggente Maiko (apprendista Geisha), poiché queste artiste dell'intrattenimento sociale (e mai sessuale) sono sparite da quest'area secoli or sono... ma la pace, la tranquillità, il silenzio e la solitudine che mi permettono di esplorarlo, come fosse un museo solo a me concesso, mi saturano il cuore di un'emozione unica.

 

Ho avuto modo di esplorare, al tramonto, il passato.

Una piccola macchina del tempo piazzata dietro l'angolo di casa mia.

Nel più anonimo dei quartieri.

 

Ora capisci perché amo questa città, perché amo Kyoto?

 

Da quel giorno la strada per andare al supermercato è cambiata: sia io che mia moglie amiamo passare attraverso le viuzze del Sumiya, le tranquille e silenziose vestigia del passato di Kyoto.
Raramente incontriamo qualcuno, in genere qualche anziano.
Quel giorno non mi sono perso, non ho sbagliato strada: quel giorno ho scoperto il posto più bello del Giappone.
Proprio dietro casa.