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Poiché gli Dei ci proteggono

Una delle cose in cui credo fermamente è quella che se ti trovi in un Paese straniero, non importa quanto una tradizione, un modo di fare o un modo di pensare ti possa sembrare strano o comunque sbagliato, ma devi comunque quantomeno rispettarlo finché sei ospite.

Questo non vuol dire, ovviamente, necessariamente forzarsi in qualcosa che non si vuol fare, come ad esempio potrebbe essere dover mangiare qualcosa il cui sapore ci disgusta, ma quantomeno rispettare l'usanza del luogo in sé.

Tuttavia, se da un lato non ho modo di affermare che il "pensiero giapponese" che tra breve vi narrerò sia in qualche modo sbagliato, poiché, che ci crediate o meno, comunque "funziona" e anche bene, non posso non esprimere perplessità riguardo alla trascuratezza con cui i giapponesi si lasciano andare in azioni e modi di pensiero davvero pericolosi.

Non è un problema per me, ma mi auguro sempre davvero che le cose continuino ad andar bene come son andate, tutto sommato, fino ad oggi perché se da un lato questa mancanza di istinto di mera sopravvivenza base mi fa un po' paura, dall'altro devo dire che fa squisitamente parte dell'essere giapponese in sé: senza, il Giappone non sarebbe più, forse, questa bellissima terra.

 

Una delle cose che più lascia sbalorditi, alla prima visita in Giappone, è farsi un giro allo Starbucks oppure al McDonald's.

Non tanto per il livello culinario di questi luoghi (poi, pensatela come volete, ma a me mangiare al Mc ogni tanto piace), tra l'altro interessanti e vivaci, con tutti gli studenti che vanno e vengono, allegri, sorridenti... li trovi lì in gruppetti che fanno i compiti oppure, nelle ore più improbabili, direttamente crollati sul tavolino, addormentati profondamente.

No, la cosa più incredibile è vedere l'approccio del tipico giapponese in un locale del genere.

Come saprete, in genere, funziona che entri, ti dirigi verso la cassa e ti metti in fila, attendi il tuo turno, fai la tua ordinazione e paghi, quindi attendi lì vicino che ti venga consegnato ciò che hai richiesto e finalmente vai a cercarti un tavolo dove accomodarti.

Cambiare qualcosa in questo "ordine naturale delle cose", in Italia (ma, aggiungerei, in realtà, nel mondo intero) vuol dire richiamare il fallimento su se stessi.

Facciamo un esempio: entri, ti dirigi verso la cassa, ti metti in fila e attendi la tua ordinazione... no, non funziona, devi prima FARE l'ordinazione e pagare.

Allora, riproviamoci: entri, ti dirigi verso la cassa e fai l'ordinazione... no, probabilmente finirebbe in un bagno di sangue se non rispetti la fila.

C'è poco da fare: l'ordine delle cose è quello.

Tranne in Giappone.

In Giappone hai una variante che altrove non esisterebbe mai. Certo puoi comunque seguire la versione comune all'intero genere umano, ma la maggior parte dei giapponesi (e, a dirla tutta, anche io) trovano più comoda la variante possibile solo nel Paese del Sol Levante: entri, ti cerchi il posto a sedere, ci lasci borsa, giacca, portafoglio e se puoi anche computer portatile e cellulare, quindi vai a fare la fila (magari anche in un piano diverso da quello dove hai lasciato la tua roba), ordini quando è il tuo turno, paghi, attendi che ti diano ciò che hai chiesto (a volte, se la cosa potrebbe farti perdere troppo tempo ti lasciano andare al tuo posto, assegnandoti una sorta di segnalino che poi uno sventurato dello staff, facendosi tutti i piani, uno per uno, cercandoti, preleverà al momento di consegnarti quanto hai chiesto... e quando si tratta di una misera porzione piccole di patatine ha un qualcosa di improbabile) e finalmente torni al posto di cui poc'anzi... 

ora, parliamoci chiaro, in qualsiasi parte del mondo cosa accadrebbe a questo punto?

Arrivi al tuo posto e lo trovi occupato intanto da qualcuno, delle tue cose non vi è nemmeno traccia e puoi anche provare a chiedere, ma nessuno ha visto nulla e nessuno ha nulla (ma anche a perquisirli uno per uno)... oramai sei bello che fregato e, nel frattempo, quello che hai ordinato si è pure freddato (o te lo han fregato mentre cercavi la tua roba perduta).

In Giappone no, in Giappone è perfettamente normale e comune lasciare le proprie cose, anche quelle più semplici da fregare, quelle che basta che passi al volo e te la metti in tasca mentre fischietti indifferente... loro le lasciano sempre e ovunque, tranquillamente, incustodite.

E le ritrovano.

Addirittura, una volta, al McDonald's che si trova proprio fuori dalla via commerciale di Teramachi, in quel di Kyoto, ho visto una scena che non saprei se, a questo punto giunti, definire pure comica: non solo una ragazza aveva lasciato di tutto sul tavolo ed era andata a far la fila, ma, passando, un uomo giapponese, nota che la presa del caricatore dell'iPhone era stata attaccata male e quindi non stava ricaricando, per cui ha messo meglio la presa e se ne è andato.

 

 

L'ho notato perfino in mia moglie, dopo aver rischiato le nostre valigie un paio di volte alla stazione di Bologna.

Ci trovavamo con degli amici in un pub a Ravenna e, visto che eravamo un discreto numero, ci eravamo sparpagliati: alcuni stavano al bancone, chiacchierando con la barista, altri al tavolo che avevamo occupato (a fatica), altri fuori a fumare... mia moglie era al tavolo, con me e un'altra amica. Accade che la nostra amica annuncia di andare in bagno e si alza portandosi dietro la borsetta, allora anche mia moglie ne approfitta per andare in bagno e io annuncio che, a questo punto, andavo fuori a fumare una sigaretta: la morale della favola era che il tavolo rimaneva abbandonato (e quindi ci sarebbe stato fregato il posto in pochi secondi)... solo mia moglie non si è minimamente preoccupata della cosa e ha lasciato tutto lì al tavolo... e per tutto intendo dire anche portafogli, documenti, cellulare... cosa che, capisco non ti servano in bagno, ma che ti servirebbero abbastanza per sopravvivere.

A meno che tu non sia giapponese.

Per fortuna quella volta c'ero io che, sapendo come funziona la mente giapponese in queste circostanze e sapendo come funzionano le mani italiane nelle stesse circostanze, mi sono appropriato per primo di tutto.

Altrimenti ci sarebbe stata l'ennesima giapponese derubata in Italia (quante sono? Secondo i numeri poche, pochissime... perché quasi nessuna denuncia il fatto. Secondo le chiacchiere al bar con le stesse? Un bel po'!)...

 

 

Vi è mai capitato di vedere dei preservativi in Giappone?

Dovete sapere che di medicine, per lo più, esistono due tipi: quelle comuni (la nostra aspirina, per parlarci chiaro) e quelle serie.

Le comuni vengono vendute anche nei conbini (piccoli store con dentro di tutto, aperti 24h su 24) e sono praticamente delle bottigliette d'acqua con, in etichetta, scritto "funziona contro..." 

Quelle serie sono comunque più leggere di quelle a cui siamo abituati in Italia (e comunque in genere prescritte in numeri estremamente limitati) e le puoi ottenere solo in Ospedale.

In pratica non esistono le farmacie.

O meglio, ci sono alcuni drugs store, ma in pratica vendono le stesse cose del conbini, solo in numeri e assortimenti maggiori mescolando il tutto col reparto igiene intima e della casa dei comuni supermercati.

Quindi, in parole povere, dove li vendono i preservativi?

Al di là di divertenti e/o eccentrici sexyshop, i preservativi li trovi sempre lì, al conbini... e quando scrivo "sempre lì" è perché son sempre lì, raramente ne noterai la vendita.

Perché? Semplicemente perché l'utilizzo del preservativo in Giappone se non è rasente allo zero assoluto, poco ci manca!

Il rinomato "salto della quaglia" (tra l'altro spesso annunciato con largo anticipo) è il metodo contraccettivo più diffuso in Giappone.

Va da sé che anche il numero di ragazze molto giovani in stato di gravidanza è notevole... si, lo so, avete letto e/o sentito che in Giappone la natalità è bassa, che i giapponesi son vergini a vita, che molti di loro non fa sesso e via dicendo. Si, l'ho letto anche io.

Non mi metterò qui a discutere su numeri, statistiche, interviste e quant'altro gira in rete, ma vi propongo semplicemente una cosa: quando (e se avrete questa fortuna, che, personalmente, vi auguro) sarete in Giappone e potrete passeggiare per le strade e, guardandovi attorno, vedere la gente vera, non quella delle presunte statistiche o delle invisibili interviste... beh guardatevi attorno e provate a far caso a quante ragazze girano col passeggino con dentro un bambino. A quante se ne portano a spasso perfino due o tre!

Ora, a meno che non stiano tutte andando a venderli da qualche parte, questa fantomatica "bassa natalità" io non la vedo.

Ma oltre al numero incredibile di giovani ragazze (appena maggiorenni, ovviamente) con pargoli a spasso, anche il numero degli aborti (e qui entrano in gioco anche minorenni e varie amanti ben pagate per mantenere il silenzio) non è esattamente trascurabile.

Ok, questo è un argomento piuttosto serio che magari sarebbe meglio trattare a se stante in un articolo dedicato.

Per ora teniamo comunque da conto che il non usare il preservativo, oltre alla gravidanza non desiderata, pone un altro grave pericolo: le malattie.

Cioè, in Giappone, l'AIDS è un racconto horror straniero, al pari di Dracula e degli zombies.

Nessuno ne ha la minima paura.

E posso anche capire il fatto che in Giappone, di base, non si sia sviluppata questa malattia, ma credo sia semplice per chiunque comprendere che basta UNO straniero infetto per spargerla e che l'uso del preservativo serve anche a tenere a bada questo genere di malattie.

No. Stupido io, in Giappone il tasso di malattie di questo genere, legate ai rapporti sessuali e più serie di una banale infezione (curabile in una settimana) è così basso che ad andare a calcolarne i numeri nel mondo reale ti vien da ridere...

 

 

Allora.

Tiriamo le somme.

In Giappone lasci le tue cose incustodite e nessuno te le ruba.

In Giappone basta decidere di non voler rimanere incinta e le cose andranno bene.

In Giappone non esistono malattie legate al sesso (in maniera seria e dolorosa).

 

 

Arrivati a questo punto, la domanda nasce spontanea: "ma ci credete davvero?"

Non puoi, quando ti ritrovi in qualche modo a parlare di questi argomenti, chiedere al tuo interlocutore, qualche che sia il suo sesso e la sua età o estrazione sociale, come sia possibile che non abbia paure, timori e non si senta più sicuro nel prendere delle precauzioni in situazioni del genere.

La risposta che più spesso si può ricevere è una bonaria risata, che quando la vedi ti vien da pensare "ma mi sta DAVVERO compatendo? O forse mi sta trattando come un bambino?"

E allora, vivendo tra di loro, inizi a capire i loro comportamenti, la loro innata onestà e il generale clima di sicurezza che ti circonda ti fa abbassare le difese, anche a te italiano, a te che nella tua città di nascita non lasceresti in giro nemmeno il più feroce dei cani addestrati al massacro di qualsiasi cosa si muova, senza poterlo ALMENO controllare a vista... allora, quando col tempo ti accorgi che hai lasciato il tuo iPhone al tavolo del McDonald's, con questo articolo scritto a metà e neppure ancora una volta salvato, per andarti a prendere un'altra coca-cola... allora capisci che effettivamente hai avuto tu il pensiero illogico, perché qui è la norma (ok, però io, nel dubbio, almeno quella dei preservativi...)

Però poi ti guardi attorno e ti rendi conto che in Giappone non esistono solo giapponesi, in Giappone ci sono anche tanti stranieri, di ogni possibile provenienza. Alcuni residenti, altri di passaggio... 

e allora, baldanzoso, ti presenti davanti al giapponese che alla domanda "ma non è pericolosa questa mancanza di prevenzione?" ti aveva deriso e gli sbatti con sicumera un bel "eh, ma oggigiorno ci sono anche tanti stranieri... e con quelli come la mettete?"

E te ne torni a casa più sconfitto e avvilito che mai, sentendoti stupido perché, in fondo, oramai, una risposta del genere te la potevi pure aspettare:

"No, non mi preoccupo. Gli Dei del Giappone ci proteggono".

 

Tutte le fotografie in questo articolo sono opera di Manuela Ruggiu.

Sito e Facebook se volete vedere altre magnifiche foto da lei effettuate in Giappone