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Una passeggiata al tramonto d'autunno

Sempre impegnati e rapiti dall'indaffarata, frenetica vita in Giappone, sebbene Kyoto abbia ritmi decisamente più rilassati, era da tempo che io e mia moglie non ci concedevamo una semplice passeggiata. Usciamo spesso insieme, ma è quasi sempre con uno scopo preciso: andare in un negozio, vedere una cosa, fare una visita a qualche amico... ci siamo voluti concedere un "viaggio senza meta", una passeggiata senza scopo né destinazione, se non la passeggiata in sé...

 

L'estate è già un ricordo e le giornate si sono accorciate notevolmente: già alle 16 il cielo inizia a perdere l'energia azzurra e, in lontananza, le cime delle montagne che circondano Kyoto diventano un profilo scarlatto. Mentre la città si ammanta di un romantico colore, il colore delle fotografie di altri tempi, il vento si fa più freddo e risveglia i sensi sopiti dalla stanchezza del giorno.

 

 

Per le strade si sentono le voci allegre degli studenti che ritornano a casa, senza negarsi prima la visita in un negozio di dolcetti. Coppie di giovani si prendono per mano mentre tornano alle reciproche case, anziani puliscono dalle foglie cadute l'uscio di casa e ogni tanto si ode il suono della serranda di un negozio che vien tirata giù: è il giorno che muore, la tranquillità della notte che torna a regalare riposo e sereni sogni.

 

 

Anche io vago, mano nella mano con mia moglie, in queste strade poco frequentate: attraverso quartieri dimenticati, scendo scalinate inondate dagli ultimi raggi del sole, osservo il tramonto da un'altura. Ci troviamo dalle parti del Padiglione d'Argento, le montagne alle sue spalle alle nostre spalle, il tramonto sul viso.

Gli alberi hanno salutato il verde brillante dell'estate e, come io ho indossato la sciarpa, anche loro hanno indossato il cremisi dell'autunno. Ovunque foglie rosse, alberi dal forte, romantico colore, come se fossero le vene del Giappone.

 

 

Tutto è pace, nei quartieri in cui si trova la vita, quella più vera. Non c'è il rombo dei motori delle automobili, non c'è il chiasso delle folle, armate di valigie, che sciamano impazzite... c'è solo la sincera ammirazione per uno dei miracoli della natura che, anche quest'anno, ha trasformato semplici vie nel più bello dei quadri dei virtuosi pittori del passato.

Due amiche si fermano sotto uno di questi alberi e si fanno una foto con il loro telefonino, ridendo, felici di una gioia semplice, nata da una piccolezza che ha molto più di quanto sembri.

Più avanti un bambino piccolo, mi arriverà a poco più in alto del ginocchio, arriva davanti alla porta di casa, salutando la nonna con uno squillante, ma non rumoroso, "tadaima" ("sono tornato", in giapponese). La vecchietta sorride e posso leggere sulle sue labbra un delicato "okaeri" ("ben tornato").

 

 

Troviamo una panchina. Non siamo stanchi, assolutamente, ma sarebbe un peccato non goderci la delicatezza di questo effimero momento. Abbiamo un piccolo canale dinnanzi e osserviamo le delicate foglie che, cadute dal loro albero, come barche da sogno, viaggiano verso il mistero. Dall'altro lato del canale inizia il bosco che copre tutta la montagna, fino a dove riusciamo a vedere, e ne godiamo il silenzioso frusciare, il sussurro del vento tra i rami, i suoni più immaginati che percepiti, che provengono dall'oscurità sotto le fronde: non fa paura, ispira un senso di riposo.

Arriva una coppia di anziani, due signori che chiacchierano, ci passano vicini e si dirigono verso un piccolo tempio, più avanti. Chiacchierano con la signora che sta spazzando via le foglie dall'ingresso.

 

 

 

Case e ancora case, alcune moderne, altre più tradizionali, ma tutte che riflettono il gusto inconfondibile del popolo giapponese. A Kyoto non c'è spazio per il grigio dei grattacieli, informi squadrati monoliti che, dove stupiscono nella luccicante Shinjuku di Tokyo, quasi sempre, alla luce del giorno, appaiono come orrori di cemento e vetro. Kyoto non ama le brutture: perfino le case, dalle più povere alle più isolate, emanano qualcosa che ti fa pensare alla sacralità dei templi. Come sembra lontana la stazione centrale del treno, circondata da negozi e confusione... eppure è a un breve tratto di autobus. A Kyoto e in un altro mondo, allo stesso momento.

 

 

Ci immergiamo per un breve tratto in quella che è comunemente nota come "La Passeggiata del Filosofo", prendiamo un tè verde accompagnato da un dolcetto. Abbiamo fatto tante foto, di ciò che ci circonda e di noi stessi, assieme, come sempre. L'autunno in Giappone è anche questo: un vento freddo che sussurra tra rosse foglie, spingendoti a stringerti alle persone che ami, a tenerle vicine, mentre il sole tramonta.

 

 

Nella Passeggiata c'è più gente, ma è ben lungi dal periodo primaverile, quando è gremita a qualsiasi ora dai turisti. Ora sono coppie di anziani, per lo più, che l'attraversano: non si guardano attorno stupiti, non indicano ogni cosa attorno a loro, semplicemente, come le foglie nel canale che abbiamo abbandonato poc'anzi, si lasciano trasportare da ciò che è. Questo è lo spirito di Kyoto, dei suoi abitanti più silenziosi ma che, allo stesso tempo, dicono molto di più di questo splendido Paese.

 

 

Arriviamo alle porte di un tempio buddhista, ci fermiamo un po' ad osservarlo, quindi mia moglie fa per entrare e mi invita a pregare con lei. Io la seguo al suo interno ma non prego.

Non prego mai nei templi buddhisti... non ne ho la conoscenza, non ne ho compresa l'essenza, la filosofia e i dettami. Certo, potrei fare finta, recitare i movimenti della preghiera, mentre nella mia mente penso agli affari miei, oppure improvviso una preghiera a un Qualcosa di cui ignoro ogni dettame... ma non sono fatto così. Mia moglie lo sa e l'accetta, prega con un forte credo interiore e torna da me, che intanto non posso non ammirare la semplice bellezza architettonica, così lontana dagli eccessi e dalle grandezze viste in TV: In Giappone i templi sono certamente magnifici, ma hanno mantenuto quella dignitosa sobrietà che è propria del popolo giapponese. Un giorno, magari, conoscerò abbastanza anche di questa filosofia che profuma di religione e potrò decidere se pregare o meno...

 

 

 

Nella vita di tutti i giorni, ti ritrovi più spesso di quanto vorresti, a pensare al "dopo" con impellenza: cosa mangiamo a pranzo? A che ora usciamo? Riusciamo a fare tutto ciò che dobbiamo? E la cena?

Mille domande, correndo dietro al tempo.

Ora, invece, riusciamo a goderci il momento e il prima, il dopo, gli impegni e le cose da portare a termine, svaniscono dai nostri pensieri: c'è il sentiero che serpeggia dinnanzi a noi, le foglie che ci piovono delicatamente addosso, il vento che ci spinge ad abbracciarci e la gioia che solo il saluto del basso sole, la sua promessa di tornare dopo il meritato riposo, come un vecchio amico che ti saluta sorridendo, dicendoti "mata ne" ("ci vediamo").

 

 

E tutto è immerso nel roseo tramonto.

Mi sembra di trovarmi catapultato in una vecchia fotografia, di quelle che non si perdono mai, ma che attendono, dimenticate, da qualche parte. Ci sono le strade che scendono verso la città, alla nostra destra: i cavi elettrici che passano sopra le strade sembrano altri rami, mi fermo a guardare e ho come l'impressione che questi cavi colleghino tutte le case, le une alle altre: tutte le vite, tutti collegati. Non è solo elettricità o un cavo telefonico... è una pulsante vena che trasporta qualcosa che ci rende tutti parte di un unico. Pensieri strani, mi dico... in fondo è solo moderna tecnologia, qualcosa di totalmente privo di romanticismo. Ma nel tramonto anche questo è magia, come lo è il riflesso di una televisione attraverso un vetro, una finestra su cui si affacciano alcuni pelouches. 

È tempo di andare? Può darsi, in fondo il cielo si fa sempre più buio e il freddo ci ha fatto venire voglia di un ramen caldo.

Senza correre, senza fretta... concludiamo il sentiero e, prima di ributtarci nella vita della città e salutare il piccolo paradiso al tramonto che ci ha donato tanto in così poco tempo, ci concediamo una visita ad un santuario shintoista che conosco.

L'ho trovato per caso, visto che non ci va mai nessuno, e forse mi è divenuto caro per questo. Non c'è un motivo, ma lo associo all'immagine del corvo, in un senso positivo che, però, è solo mio.

 

 

Attraversiamo il ponte di pietra, ci inchiniamo dinnanzi al torii (il portale che indica l'ingresso all'area sacra) ed  eseguiamo tutti i rituali che si richiedono per la preghiera. Prego anche io, qui.

Mi piace la semplicità dello shintoismo, anche se non credo di saperne ancora abbastanza, ho letto e sentito abbastanza per credere che è un bene. 

Che abbia trovato una Fede mai posseduta prima? Non penso sia questo, ma mi piace, mi fa sentire bene e, in fondo, mi piace pensare che se il Giappone sembra così incontaminato da tante brutte cose che si trovano appena fuori dal confine, forse Qualcosa che lo protegge potrebbe esserci...

 

Salutiamo anche i Kami (gli spiriti-divinità dello shintoismo) e torniamo alla vita di ogni giorno, alla folla, alla gente, ai rumori e alle luci delle strade brulicanti di negozi.

Nella vita, a volte, bisogna concedersi un momento di vita.

 

 

È incredibile come mi rimangano più cari questi momenti, brevi e semplici, in luoghi del tutto comuni, rispetto alle visite di grandi monumenti e luoghi dalle viste mozzafiato.

Forse sono questi luoghi, in realtà, ad essere i veri monumenti del Giappone?