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Il Tokyo-pensiero

Lungi da me voler iniziare a far tesi politiche, ho già visto ex-ingegneri nucleari divenuti improvvisamente virologi trasformarsi negli ultimi giorni anche in esperti sociologi nonché dottori in politica e civiltà, ma credo che osservare per qualche istante le elezioni per la nomina di Governatore (il corrispettivo, strutturalmente e semplicisticamente, di Sindaco) di Tokyo possa essere piuttosto interessante, non tanto per capire la politica o i politici interessati, quanto per tentare, ancora una volta, di dare una sbirciatina nelle teste di qualche decina di milioni di giapponesi.

La premessa, anche se forse noiosa, però , è d'obbligo:

-in quanto residente e non cittadino io non ho diritto di voto;

-per mia ignoranza riconosciuta (in primis da me stesso) non ho un'idea politica;

-non ho simpatie per alcun politico (a stento so chi siano e giusto quelli più famosi);

-non ho antipatie politiche;

-non ho modo alcuno di guadagnarci dalla vittoria o sconfitta di alcun politico/partito di per sé;

-non ho mai lavorato in politica né per alcun politico (e dubito accadrà in futuro).

Questo per chiarire come le opinioni che esprimerò sono solo frutto di ciò che mi pare di vedere, di sentire, di capire e di leggere dai giapponesi che mi circondano e non ci sia, in alcun modo e per nessuna ragione valida (o non valida), nessun intento di propaganda politica (che poi, a che pro?).

Bene, detto questo, tuffiamoci in ciò che è accaduto!

Sabato 4 e Domenica 5 Luglio 2020 si sono tenute in Tokyo le elezioni per la carica di Governatore della città: con un'affluenza del circa 55% e un buon 60% di voti a favore è stata eletta (o, meglio, confermata, visto che dal 2016 era già in carica) Yuriko Koike (67 anni).

 

Io credo che questo evento sia molto interessante ed offra spunti di riflessione che possono portare a capire (o credere di) un po' di più il popolo giapponese... o quantomeno gli abitanti di Tokyo (che, solo per il centro urbano in sé, sono qualcosa come 12 milioni di persone... realisticamente parlando, arriviamo, in realtà, oltre i 30 milioni di persone!).

I dati su cui riflettere, a mio avviso, sono principalmente 2:

-55% di affluenza alle urne

-il restante 40%

 

Iniziamo dall'inizio, come ben si conface.
Affluenza alle urne del 55% indica, praticamente, che, escludendo coloro che non hanno diritto di voto (strutturalmente i ragazzini delle scuole), guardando una fotografia di una metropolitana, una persona è andata a votare e una no.

 

Ora, una lunga parentesi sul diritto di voto: i residenti non hanno diritto di voto, il che mi pare anche ovvio, visto che, altrimenti, sarebbero individui che possono esprimere un volere politico in due o più Paesi.
Per poter ottenere il diritto di voto si deve richiedere, ed ottenere, la cittadinanza che, in Giappone, implica rinunciare a quella precedente: è una scelta, comporta diritti e doveri, guadagni e rinunce.
C'è da dire che io sono assolutamente convinto del fatto che non sia un foglio di carta a determinare una persona, ma proprio su questo assolutamente sono irremovibile: io sono italiano, a prescindere dal mio Passaporto.
Perché allora preferisco mantenere la Residenza invece che cambiare la Cittadinanza?
Semplice convenienza: mia moglie è giapponese, per cui, tramite lei, io non percepisco alcuna "perdita" nel non essere un cittadino giapponese, mentre, grazia alla mia cittadinanza italiana, e quindi anche europea, mia moglie ha accesso a tutta una serie di agevolazioni e privilegi che, altrimenti, non avrebbe.
Insomma pura e semplice convenienza.
Ho scelto così (e non voglio sentire discorsi sull'essere o meno un patriota perché, mi ripeto, l'amore per la Patria e via dicendo non si dimostra di sicuro con un foglio di carta plastificata) ed essendo una mia libera scelta penso che sia assolutamente fuori luogo lamentarmi poi delle conseguenze.
Se mi sentissi così devoto al Giappone e percepissi nel Paese che mi ospita dei forti problemi che solo la mia superiore mente occidentale (in questo periodo di chiusure dei confini e quarantene ne ho lette e sentite di ogni, da "l'inalienabile diritto di ogni europeo di viaggiare e vivere ovunque voglia" a "dovrebbero ringraziarci, noi che gli abbiamo portato le strade e i telefoni... loro che vivevano ancora vestiti come le bestie"), allora chiederei la Cittadinanza per esprimere la mia idea politica.
E se, ancora, (in questo caso come in tanti altri) non mi trovassi bene... e intendo dire pesantemente male... visto che la porta per uscire è sempre aperta e che di certo il Paese non sentirebbe la mia mancanza... farei le valigie e sayonara.

 

Chiusa la parentesi, torniamo a noi.
Quindi, la gente per strada: uno è andato a votare, quello accanto no.
Uno si e uno no.
Credo sia un dato molto interessante e su cui potremmo riflettere: cosa significa?
Significa, banalmente, almeno, io credo, che l'interesse verso la politica è tra il basso e l'indifferente: un qualcosa del tipo "ma che faccio oggi, vado o no al cinema? Va beh, lanciamo una monetina e vediamo che esce", ovvero quel sentimento per il quale una cosa non ti è in astio, non è una cosa che odi e vuoi evitare, ma nemmeno ti rende in alcun modo felice o che percepisci come un reale guadagno, per cui la fai, magari, giusto perché credi sia meglio, ma tutto sommato te ne importa poco o credi che, a prescindere dal tuo supporto o meno, non cambi molto.
E qui sta il punto: non cambiare molto.

Tenterò di spiegarmi peggio.


Per una simile affluenza ci possono essere, strutturalmente, tre motivazioni:

-impedimento

-fatalismo

-coercizione

 

Certo, la pandemia e tutto ciò che concerne l'attuale situazione, compresi gli annessi e i derivati (come, ad esempio, crisi economica, soprattutto a livello personale, che comporta dover lavorare di più o più duramente), potrebbero aver inciso sulla percentuale in analisi ma... io non credo.
O, meglio, credo che se ci sia stata una qualche incidenza, questa sia stata davvero insignificante.
Perché?
Molto semplicemente sono andato a guardare i dati delle affluenze in altre città ed in altri momenti storici vicini, pre-coronavirus: le cifre, nel bene o nel male, rimangono quelle.
Ad esempio a Tokyo, le precedenti elezioni (2016) presentano una maggiore affluenza ma solo del 4%... praticamente altre 6 persone saranno andate a votare invece che farsi la scampagnata in riva al lago.

Anche sul lato lavorativo, precedentemente accennato tra parentesi, credo che l'incidenza sia stata minima, sia per i lunghi orari nei quali si dava la possibilità di votare, i numerosi centri dove era possibile farlo e il semplice fatto che parliamo di sabato e domenica, quindi un periodo in cui, certamente è vero, praticamente non cambia nulla con martedì o giovedì, ma che, sebbene in minima parte, vede alcuni settori comunque in riposo.
Insomma, le condizioni per andare a votare c'erano tutte, per cui non si può certo attribuire in maniera consistente un'assenza alle urne data da impedimenti.

 

So che a taluni farebbe piacere ma... no, non soffro di depressione causa traumi da me stesso arrecatomi, per cui non vedo nel Giappone alcun tipo di dittatura (sfacciata o occulta che si voglia), per cui, non avendo visto omini armati di katana fuori dalle sedi di voto e non avendo sentito ancora di misteriose sparatorie e rapimenti nella notte ai danni di chi voleva salvare il Paese dall'Oscurità, direi che l'opzione della coercizione la possiamo tranquillamente scartare.
Anche se, non dobbiamo dimenticare mai: esiste ancora.
Non in Giappone, non in Italia, ma nel mondo esiste... e comunque, al di là di tutto, non è sempre e solo la coercizione violenza ad essere una minaccia.

 

Rimane quella motivazione che ho chiamato fatalismo solo per fare un po' di clickbait.

E un po' perché così ci capiamo subito su cosa intendo: quante volte abbiamo sentito dire "ma che faccio a fare questa cosa, se tanto va a finire sempre così?" e magari ci siamo pure sentiti un po' d'accordo?
Purtroppo tante volte e, parlando di politica nostrana, il pensiero credo che sia praticamente presente dall'alba dei tempi e non si appresta a sparire: l'idea che il mio voto non serva a nulla, che ci sono imbrogli, che ci sono appattamenti, che ci dominino senza che noi si abbia alcuna reale possibilità di scelta... beh, purtroppo è una serie di pensieri che capita fin troppo spesso di sentire, o sbaglio?
Al di là del sentirsi o meno d'accordo con tali affermazioni, non possiamo negare che anche in Italia abbiamo, da tempo, dei numeri, a livello di presenza alle urne, davvero bassi e il motivo è praticamente uno solo, ovvero proprio questo fatalismo.

Io credo che in Giappone sia praticamente la stessa cosa, anzi magari accentuata anche da una immobilità terrificantemente evidente nel sistema stesso: all'interno delle aziende, dove si compiono gli stessi movimenti, dei rituali praticamente, oramai da... sempre.

Quando vedi che la tua azienda, che magari produce anche qualcosa di innovativo sul mercato, nei suoi uffici, ti chiede di ufficializzare una pratica andando di persona al terzo piano per timbrare (il nostro corrispettivo di firma) e, nel farlo, ti accorgi che comunque siamo nel 2020... magari un po' di "non cambia proprio niente qui" ti viene su dal cuore.
Quando hai dei documenti da sbrigare con uffici pubblici e questi ti chiedono un fax... e tu continui a renderti conto che comunque siamo nel 2020... insomma, un po' di sconforto ti viene.
Il più grosso muro, difatti, che si venne a frapporre, nel periodo del "soft lockdown", come venne chiamato il periodo nero di inizio anno qui in Giappone, legato alla pandemia e al tentare di tenere la gente confinata in casa, fu proprio l'impossibilità di poter mandare avanti l'azienda (in generale) senza presenza fisica: il timbrino, il fax... tutte cose così obsolete da lasciar senza fiato... eppure presenti.
C'è voluta una pandemia per smuovere un sistema che, quantomeno, ora sta iniziando a prendere in considerazione che se una cosa andava bene il secolo scorso non è per forza subito automatico che vada bene anche in questo secolo e il prossimo.
Per ora non è cambiato nulla, intendiamoci, però almeno qualcuno si è svegliato dal letargo iniziato nel giurassico.

Ma tornando a noi.
Partendo, quindi, da una situazione nella quale ti rendi conto che le cose in Giappone cambiano il mese del mai e il giorno del poi, soprattutto perché non c'è nemmeno nessuno, ai vertici, a cui sfiora l'anticamera del cervello, il pensiero di cambiare qualcosa, sia pure la targhetta che indica i bagni, allora magari non è tanto assurdo che ti nasca il pensiero che, ancora più in alto, la politica non cambi.
E quindi che voti a fare?
Una sorta di fatalismo, appunto, che accomuna, forse, il Giappone e l'Italia.

 

Anche se...

Un "se" io lo avrei.

Nel senso... prova a seguirmi al volo in un mio ragionamento, magari sballatissimo, però mi gira in testa da un bel po'...

In Italia abbiamo avuto un enorme problema percepito riguardante l'immigrazione e gli immigrati (attenzione, lo dico prima: non risponderò a commenti a riguardo, non è il topic di cui stiam parlando, sto usando il momento storico solo come esempio e ho usato il termine "percepito" non a caso bensì proprio per evidenziare che il problema veniva percepito da tante persone, il che non significa né che ci fosse né che non ci fosse, semplicemente è innegabile che molti fossero convinti, a torto o ragione, non ha importanza ai fini del discorso, che ci fosse... fine e non si torna) e un politico si è presentato nelle piazze come colui che aveva un'idea sul come risolverla e in fretta.
Te lo ricordi, si?
Bene... ricordi anche quanta gente si è mossa per seguire il politico in questione, giusto?

A molti altri, però, la direzione che il politico in questione intendeva imprimere all'Italia non era piaciuta, così vennero organizzate manifestazioni in piazza contro tale politico.

Ti ricordi quanta gente anche allora?

E stiamo parlando di poco tempo fa, pochissimo anzi: subito prima della pandemia.

Ora, noi abbiamo detto che anche in Italia soffriamo di un forte senso di fatalismo riguardo la politica, però, a conti fatti, quando si sono andati a toccare con mano problemi forti e pesanti (che fossero reali o meno, non importa: di certo eran percepiti da molti come tali)... beh la gente in piazza c'è scesa e a votare si sono visti numeri ben più alti del solito.

Perché?

Io un'idea ce l'ho: quando stai bene, non scendi in piazza a gridare con i tuoi amici quanto sei felice... è quando stai male che inizi a bussare ai portoni.

Finché tutto va bene, che senso ha fare uno sciopero?
Lo sciopero lo fai quando sorge un problema, no?

Ecco, il concetto è anche un po' questo: il fatalismo di sicuro spinge, ma anche non avere, tutto sommato, gravi problemi... aiuta.
Insomma, io, in sintesi, credo che, tutto sommato, i Tokyesi stanno decisamente messi bene e quindi, se da un lato molti pensano che tanto non cambierà nulla, dall'altro lato non gliene frega neppure molto di avere o meno un cambiamento, tanto stan già bene adesso, per cui...

 

Ora, prima di concludere, però, volevo prendere in considerazione il secondo punto.
Non due righe perché io lo ritenga poco importante o perché lo disprezzi, semplicemente perché, a differenza di tanti (comprese persone a decine di migliaia di chilometri da qui), temo che sia una cosa che in assenza di poteri telepatici che ci permettano di sondare i pensieri altrui, non si possa avere una vera e propria risposta.
Tuttavia è una fotografia che vale la pena guardare, giusto per sapere cosa c'è ritratto.
E parlo degli "altri" voti.
Si, perché se il 45% di coloro che hanno diritto di voto han deciso di non esercitarlo, o non han potuto... insomma, comunque non sono andati a votare, abbiamo un 55% di persone che ci sono andate e, di queste, un buon 40% ha votato il "lato perdente".
Lo so, non è molto corretto nominarlo così, ma purtroppo abbiam deciso di parlarci schiettamente e la situazione è questa, per cui c'è poco da infiocchettare.
E adesso ti dirò perché la vedo così.

 

Il 60% dei votanti (55% dei cittadini) ha votato lo status quo: in parole povere ha detto "ok, così com'è andata negli ultimi 4 anni ci è piaciuto, continua".

Il 40%, invece, ha detto "è ora di cambiare le cose".

Ok, ha vinto il 60%, ovviamente... ma tra 60 e 40 non è che corrano tutte queste enormi differenze... e parliamo comunque di due percentuali che si trovano all'interno di un già 55%!
Insomma, guardiamo la fotografia della metropolitana che abbiamo usato all'inizio: delle persone che vediamo, una persona si e una no... barriamone una si e una no e le persone rimanenti sono quelle che han votato.
Trasportiamo queste sagome su un foglio bianco e ne mettiamo metà a destra e metà a sinistra, poi prendiamo  giusto un paio di persone da un lato (a caso) e le mettiamo nell'altro lato: ecco l'immagine politica degli elettori a Tokyo.

Strutturalmente non c'è una linea chiara di demarcazione, un concetto unico e monolitico... c'è una sua instabilità, che non si manifesta in maniera distruttiva, a mio avviso soprattutto grazie all'indole docile, educata ed obbediente del popolo giapponese, ma di fatto c'è.

Quello che realmente non c'è, però, è l'alternativa.

Quel 40% che ha voluto dire "cambiamo" (e, lo ripeto, non sta a me giudicare se sia nel giusto o nel torto, se sia un bene o un male o alcunché: guardiamo solo a ciò che sta accadendo al livello del suolo, al livello delle persone comuni) è... esploso.
Ok, detta così sembra strana ma l'immagine che mi viene in mente è proprio quella dei fuochi d'artificio, visto che, essendo io qui in Giappone, mi sono sorbito anche tutta l'improbabile campagna elettorale (e ti assicuro che "improbabile" non è una parola che ho usato a caso: abbiamo avuto una tizia che si è presentata nuda dalla cintola in su con le mascherine che il Governo Abe ha inviato alle famiglie nel Paese a mo' di reggiseno, abbiamo avuto il capo della "federazione nazionale dei pub associati", l'ex attore... ci mancava davvero solo Topo Gigio e Mago Zurlì e li avevamo tutti! Ma della roba che io stentavo a capire che fossero manifesti elettorali, tanto eran pastrocchiati e colorati, rosa shock... pensavo fossero, boh, inviti al Pachinko...).

Sintesi della politica in Giappone: ci sono due coalizioni, quella che compone la Maggioranza e quella che compone l'Opposizione.
Solo che quella che compone la Maggioranza è una sorta di Alleanza tra partiti mentre all'Opposizione ci stanno tutti coloro che non sono nella Maggioranza, molti dei quali (per non dire praticamente tutti) sono totalmente indipendenti ed autonomi.
Diciamo, per capirci, che è come se, usando i Partiti italiani, ci fosse al governo il PD, alleato e solidamente collaborativo con il PDL, mentre all'Opposizione ci fossero 47 MoVimenti 5 Stelle "delle origini" (quelli di "nessuna alleanza: da soli o niente", per intenderci... e, anche qui, niente commenti perché non ci sono, da parte mia, secondi fini se non semplici esempi inventati e fantasiosi giusto per visualizzare la situazione).
Non commento la reale preparazione, bravura, senso civico o passione dei politici coinvolti, né da un lato e nemmeno dall'altro, ma strutturalmente la situazione vede un gigante, fatto di Partiti di una certa età, uniti, coesi e chiari nei programmi, per altro molto ampi nei vari campi, mentre dall'altra ci sono mini-Partiti da 3 persone ciascuno, ognuno dei quali propone una o due cose (per carità, anche giuste a volte... altre volte, beh, decisamente un po' meno... ma finisce tutto nello stesso minestrone) e poi boh.

E tutto questo nutrito e variopinto gruppo ha preso il 40% dei voti, alla fine: il problema è che nessuno, da solo, ha superato neppure il 15% dei voti...

 

Quindi... nelle persone, magari sarà anche più incentrato sui più giovani, credo di poter vedere una voglia di cambiamento ma anche poca reale speranza, che si traduce in mancanza di fiducia oppure in tentativi piuttosto ancora maldestri, in generale poco organizzati e più fantasiosi che concreti.

E per questo, credo, queste elezioni, sono state davvero interessanti.

Una piccola chicca in chiusura te la voglio regalare però.
Ogni volta che ci penso scoppio a ridere e secondo me l'apprezzerai.
"In Giappone la voglia di ribellarsi c'è pure, solo che non avendo le piazze non possono manifestare" e si riferisce al fatto che sono decisamente poche le aree urbane simili alle nostre piazze italiane.
Non è bellissima?
Strutturalmente patisci la fame, lo schiavismo, abusi di ogni tipo e vorresti preparare un colpo di stato, tutti sarebbero anche d'accordo, però... niente, non c'è la piazzetta e quindi salta tutto, non si fa più niente e amen, tutti a casa.
Io la trovo spassosissima, sapere che c'è chi ha partorito questa genialità e che c'è anche chi crede... niente, fa già ridere così.