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Viaggiando ad occhi chiusi

Le esperienze.

Ogni giorno ti svegli senza avere la più pallida idea di cosa accadrà attorno a te: potrebbe essere una giornata di routine oppure il giorno più fortunato/nero della tua vita.

Potresti incontrare qualcuno che cambierà per sempre ogni cosa attorno e/o dentro di te oppure attraversare quel lasso di tempo tra l’oblio del sonno e l’altro senza neppure percepire ciò che ti circonda.

Io ho la cattiva abitudine di muovermi sempre con la musica nelle orecchie e per questo chissà quante cose interessanti mi sono perso fino ad oggi (è più forte di me: perfino i 10m che mi separano dal konbini più vicini li devo fare ascoltando qualcosa)... ma a volte, nonostante io ci remi contro, il Destino...

Le cose a cui non pensi.

Almeno, le cose a cui non pensi perché, egoisticamente, in quanto fortunato, non ti toccano.


Come saprai sto, come al solito, lavorando ad un nuovo libro ed è mia abitudine raccontare per iscritto solo ciò di cui ho, per quanto possibile, quantomeno una minima esperienza diretta.

Così, proprio per una ricerca inerente, sono stato di recente a Nara.


Da Kyoto ci sono vari modi per recarsi a Nara.

Il metodo più conosciuto ed utilizzato è indubbiamente quello di recarsi presso la stazione di Kyoto e prendere un treno della linea JR (Japan Railways).

In realtà dovrei dire che è il metodo più noto ed utilizzato dai turisti, poiché per i viaggiatori dall’estero è ben nota l’esistenza del JrPass, ovvero una specie di abbonamento (a varie durate, da una settimana a un mese circa) che ti permette di usufruire dei treni delle linee JR gratuitamente (il costo, a seconda degli itinerari, può esser anche molto conveniente), compresa la maggior parte dei treni superveloci.

Questo non esclude la presenza di tanti (tantissimi) giapponesi su questi treni, anzi: vista la capillarità di tali linee, soprattutto nella zona del Kanto (Tokyo, per capirci), in cui è praticamente l’unica linea presente, sono molto utilizzati un po’ da tutti.

Nel Kansai e Chubu (diciamo trama zona Osaka, Kyoto, Nara fino a Nagoya), invece, ci sono molte altre linee ferroviarie che hanno quasi sempre prezzi decisamente migliori e quindi son molto più gettonate dai giapponesi.

Per l’appunto, da Kyoto a Nara, anche per un fattore di comodità (la stazione a Kyoto è la stessa mentre a Nara era decisamente più vicina alla mia meta), ho optato per la linea Kintetsu.


Adoro davvero questo tragitto, tanto che mi ha ispirato una sorta di piccolo racconto breve che spero, un giorno, di avere il tempo di pubblicare...

Ma tornando a noi, in una bella giornata di sole, al mattino “comodo” (che, tradotto tra di noi, per me indica non prima della 9), salgo di questo treno, mi trovo un posto a sedere e mi accingo a godermi il viaggio.

E come al solito sto ascoltando musica quando arriviamo giusto alla prima fermata di questo breve tragitto.

Sulla platform c’è un po’ di gente, nulla di congestionante, ma essendo vicina ad un bel Tempio... son tutti giapponesi e, proprio dove si ferma il treno, alla porta più vicina a dove son seduto io, uno di questi.


Un giapponese di mezza età (ammettiamolo: è quasi impossibile riuscire a dare un’età di giapponesi!), vestito un po’ più coperto di quanto servirebbe (a mio avviso... ma d’altronde, se è un tipo freddoloso che motivo ho io di criticarlo),con occhiali da sole scuri e un sottile bastoncino giallo che arriva fino al terreno.

Non mi ci vuole molto per intuire che si tratta di qualcuno con dei problemi di vista.

E mentre questo signore sale sul treno mi rendo conto che i problemi devono essere decisamente gravi.

Con lui una signora della stessa (suppongo) età, vestita con quella grazia che hanno solo le anziane signore giapponesi.


Il punto in cui son seduto io è da quattro posti: il posto accanto al finestrino del sedile che procede (all’indietro) è occupato da un signore che sta leggendo cose sul suo cellulare e accanto è libero, mentre dal mio lato sono io ad occupare il posto accanto al finestrino, con posto libero accanto.

La coppia si avvicina e, mi sembra il minimo, mi alzo per dar loro il posto, così che possano stare uno accanto all’altra durante il viaggio, e mi vado a sedere accanto al signore col cellulare che, essendosi accorto della situazione in ritardo rispetto a me (dava le spalle alla situazione), si affretta a sedersi più composto (ancora più composto, per l’esattezza), per non disturbare con i piedi (cosa che, visto che prima c’ero io di fronte, già di per sé non faceva).

La coppia si lamenta un po’ cerimonialmente ma, alla fine, come da prassi, ringraziando svariate volte, si siede e il viaggio riprende.


Piccolo flashback: quando ho intuito che la coppia sarebbe entrata dalle porte vicino a dove mi trovavo io, e visto che avevo più o meno pensato che sarebbe potuta accadere una cosa del genere di quella di cedere il posto, spostarsi o comunque interessarsi alla situazione, ho spento la musica.

L’ho spenta perché così ero in grado di comunicare sentendo la mia voce, che può sembrare una cosa da nulla ma che, nel silenzio religioso dei mezzi pubblici giapponesi può, invece, esser importante, e, ovviamente, per sentire eventuali parole a me rivolte.

Non che credessi di esser in procinto di avviare una lunga conversazione, ma giusto per sicurezza...


Il caso, la curiosità, tempistiche o... boh, non saprei, tuttavia, ho mantenuto spenta la musica per qualche momento in più del “necessario” e così ho sentito i primi momenti di conversazione tra i due: la signora elegante e l’uomo con problemi di vista.

E niente, alla fine la musica non l’ho più riaccesa.


L’uomo è totalmente cieco, non so come, perché o da quando, ma fatto sta che non ha proprio la vista.

La signora è sua moglie.

Sono entrambi di un qualche posto vicino Nara (ok, mi son messo ad ascoltarli ma alcuni dettagli non son stato lì a prenderne nota) e stan tornando a casa così che la moglie possa iniziare a preparare il pranzo.

Son di ritorno dopo la visita ad un Tempio a me sconosciuto (il nome proprio non mi ha detto nulla... ho capito che parlavano di un Tempio Buddhista sia dalla parola, che finendo in “dera” indica un Tempio Buddhista e sia per la tematica che a breve esporrò) che han visitato sia per portare i saluti a un caro defunto (quindi probabilmente presso il Tempio vi è anche un cimitero... che poi in Giappone è non del tutto corretto chiamarli cimiteri, in quanto non vi è sepolto nessuno, bensì piuttosto andrebbero chiamati memoriali, poiché le “tombe” sono più dei piccoli monumenti alla memoria) che per la visita in sé e per sé alle prime luci del giorno.


E qui mi sono venuti mille pensieri.

Di questi, uno lo voglio trasporre qui per digitalmente iscritto.


Visitare un luogo, che sia un luogo d’arte o comunque di bellezza, da ciechi.


Noi andiamo tutti contenti al Kinkakuji, al Kiyomizudera, alla Basilica di S. Pietro o quel che è... perché son posti belli.

Ci andiamo per ammirarli, perché si, certo, sono culturalmente importanti, ma soprattutto son belli.

Certamente, i gusti son gusti e quel che è bello per me potrebbe non esserlo anche per il resto del mondo, ma in generale ogni persona, seguendo i propri gusti, visita i posti perché son belli e li può guardare.

Come e perché una persona che non ha la fortuna di avere la vista... come visita un posto? 

Come lo sceglie?

Perché?


Ho provato ad immedesimarmi, lo confesso, mentre il treno viaggiava.

Ho provato a pensare a me, con gli occhi chiusi, con mia moglie che mi elenca nomi di Santuari Shintoisti che io non conosco.

Magari uno di questi, però, è famoso, oppure è dedicato ad un Kami verso il quale ho una particolare curiosità o interesse, oppure semplicemente il posto ha un nome interessante... 

e una volta giunto?

Cosa farei?

Penso al rosso scarlatto del Fushimi Inari Taisha e i suoi infiniti Torii... potrei sfiorare i Torii e rendermi conto che sto camminando da decine di minuti dentro questo ligneo tunnel... ma...

Oppure il Kinkakuji, tutto ricoperto di foglie d’oro in mezzo ad un laghetto.

Le prime luci dell’alba che rischiarano i tetti delle vie Sannenzaka e Ninenzaka viste dal Mon sulla scalinata d’ingresso del Kiyomizudera.


Ok, lo so che sono banale e sto citando posti strafamosi... 

ma è voluto: posti che conosci, magari di persona o anche solo dalle foto che girano incessanti in rete...


Di fronte a questi pensieri ti si stravolgono molte prospettive che ritenevi basiche.


E, intanto, la coppia è scesa dal treno ed io, tra due fermate, inizierò la mia visita odierna a Nara.

In che modo questa esperienza mi ha cambiato?

Diciamoci la verità: probabilmente per nulla.

Pensieri e riflessioni sicuramente importanti che verranno lentamente ma inesorabilmente diluiti, fino ad esser del tutto dimenticati, nel susseguirsi inarrestabile degli eventi quotidiani.

Per questo ho voluto subito scriverli.

Magari un domani, rileggendo questo articolo che, alla fin fine, a parte una spruzzata di informazioni sulle linee ferroviarie, in realtà, col Giappone, c’entra davvero poco, mi torneranno in mente.

E magari, col tempo, trattenendoli, matureranno e mi accresceranno.


Sperando ti possano esser d’aiuto, sperando che lascino la classica “scintilla interiore”, semplicemente, questi miei pensieri anche per te.