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Ti amo... in Giappone

Il Giappone è un Paese assai lontano, partendo dall'Italia.

No, non parlo solo di distanza geografica, che di per sé non è nulla da trascurare se pensiamo che, anche con i prezzi abbordabili che si vedono oggigiorno, si tratta comunque di qualcosa come 13 ore di volo... il Giappone è proprio distante sotto tutti i punti di vista: la società, i concetti di educazione civica e responsabilità, la politica, la condizione lavorativa e sociale e, non ultima, la lingua.

Una cosa in comune con l'Italia però c'è: che l'inglese sia stata nominata "la lingua internazionale", anche ai giapponesi (parlando del giapponese medio come dell'italiano medio) non gliene può importar di meno...

 

 

 

Un Paese lontano, una cultura assai diversa e, anche solo per questo, affascinante, usi e costumi misteriosi (un tempo, oggi oramai li conoscono praticamente quasi tutti...): il Giappone è, per molti italiani, proprio questo.

E ciò che è lontano, sconosciuto e misterioso suscita curiosità e la curiosità stimola il mercato dell'informazione: siti web, blog, canali YouTube, programmi televisivi, magazine... chi più ne ha ne metta, e tutti intenti a svelare i segreti di questo meraviglioso Paese.

E così i Samurai e la loro storia diventano sempre meno sconosciuti, le città vengono osservate e scoperte, i modi di fare, le regole della buona educazione... la cultura giapponese, piano piano, è accessibile per chiunque.

Ma non è detto che "chiunque" sia interessato a conoscerla o, quantomeno, a conoscerla realmente e in toto: c'è chi si accontenta di vedere piccoli spaccati della realtà che sfiorano il mondo fantastico e immaginario dei Manga, altri si interessano della cucina (o di una sua parte, ad esempio il Sushi), altri ancora, forse la maggioranza, vogliono solo vedere, sentire o leggere, di cose "strane", eventi improbabili o luoghi assurdi.

Così nasce e cresce un'informazione, a mio avviso abbastanza deviata e deviante, basata sull'andare a cercare quel piccolo, unico, punto di sfogo per la creatività e l'eccentricità... e lo si mostra, come ha dire: "si, in Giappone succedono cose folli!"

 

Uno dei punti che spesso mi ritrovo a dover smentire (rovinando i sogni dichi vede nel Giappone una specie di Luna Park di psicopatici) è, tra i tanti, la voce che tanto gira e tanto vaga per la rete (italiana... perchè ho visto altri e vari articoli in inglese che ne parlavano realisticamente e competentemente) è che i giapponesi non dicono "ti amo".

Da qui poi l'escalation è inevitabile: sono un popolo chiuso, introverso, timido, freddo, senza emozioni, pensano solo al sesso, sono deviati, ecc ecc...

Ovviamente non è che una leggenda metropolitana.

 

Ma da cosa è nata?

Com'è che, un giorno, qualcuno, si è inventato questa cosa che i giapponesi non dicono "ti amo", quali motivi hanno spinto alla creazione di questa diceria e come mai viene così tanto ripetuta, tanto da esser considerata oramai verità (al pari della diceria che in Giappone è maleducazione soffiarsi il naso...)?

Non ce la si può certo prendere se un turista, che non parla giapponese, che non ne conosce a fondo la cultura e la lingua (non parlo solo di mera grammatica e vocabolario, ma anche il suo essere in quanto lingua viva e parlata, nonchè in continuo movimento), guardando, con i mezzi che ha (ripeto: giustificatissimi), il popolo giapponese, crede di vedere alcuni comportamenti, alcune situazioni e le riporta per come le ha potute comprendere. Non è di certo da biasimare, poichè è una testimonianza sincera e tutto sommato dolce, tenera: mostra ciò che l'occhio italiano vede.

È da biasimare quando ad usarla è chi sa che però non è corretta.

 

Ma veniamo a noi.

I giapponesi, quindi, dicono o no la famosa frase "ti amo"?

La risposta è si.

 

La prima cosa di cui tenere conto è la questione del rispetto nella cultura giapponese (di cui ho già parlato nell'articolo "E fallo un altro inchino..."):

l'educazione e il rispetto degli altri della cultura giapponese impongono che si eviti a tutti i costi di creare situazioni che possano generare imbarazzo o comunque problemi di qualsiasi tipo in chi ci circonda.

Una coppia sposata (come, ad esempio, io e mia moglie) non ha diritto di esternare il proprio amore in pubblico con effusioni che possano imbarazzare o mettere in una situazione di disagio chi li circonda: a te non è mai capitato di pensare "ma perchè queste smancerie non le fanno a casa loro?" guardando effusioni d'affetto fuori luogo (per esempio sul bus), magari proprio a pochi centimetri da te? Un coniuge che ha appena subito un doloroso lutto, vedendo una coppia che si bacia o che si dice paroline romantiche, non sentirebbe un moto di dolorosa nostalgia? E la madre che deve gestire un bambino piccolo che vede una coppia baciarsi con trasporto, come si leva d'impiccio la frase che di certo questi pronuncerà: mamma, ma cosa fanno quei due?

È per questo che, in genere, le regole della buona educazione giapponese dicono che in pubblico non si deve manifestare "troppo" il proprio amore (comprese la frase famosa: ti amo).

La diceria che le coppie giapponesi non si tengano per mano, invece, è totalmente inventata...

 

Un'altro fattore che ha determinato il nascere, crescere e proliferare di questa leggenda metropolitana è una pessima conoscenza della lingua giapponese (non solo delle regole grammaticali, come già dicevo pocanzi, ma soprattutto della lingua reale, parlata e viva, nonchè della cultura che ad essa è, ovviamente, intimamente legata).

 

Permettimi di fare un esempio in lingua italiana, usando proprio un avvenimento che mi è accaduto con una mia amica giapponese.

Questa ragazza ha studiato italiano ed è anche stata in Italia per un breve periodo, per cui ha davvero un buon livello di conoscenza della lingua, tuttavia, essendo appunto stato un breve periodo, dove è assai portata nella grammatica e vocabolario, manca ancora della conoscenza della cultura linguistica.

È capitato che ci fossimo dati appuntamento presso la stazione ferroviaria di Tennoji, in quel di Osaka, ma, essendo un edificio piuttosto grande e frequentato, non fossimo riusciti a specificare al volo un punto preciso di incontro: io arrivo tramite metropolitana e lei tramite treni (che, a volte, in Giappone, vuol dire due punti discretamente differenti... come appunto a Tennoji!).

Così, tramite messaggio, ci stavamo organizzando per un punto facilmente riconoscibile da entrambi, e fu così che lei mi disse di essere "sul sovrapassaggio pedonale"...

Ora, lungi da me affermare che non fosse la corretta definizione della struttura, ma chi di noi italiani definirebbe un banale ponte (effettivamente quindi una struttura sopraelevata e destinata al solo passaggio di persone a piedi) con "sovrapassaggio pedonale"?

 

Con questo esempio, banale ed effettivamente solo il primo che mi è venuto in mente (ma sono sicuro che anche tu ne potresti citare tantissimi, semplicemente pensando ai modi di dire o ai modi di usare le parole in maniera unica, a seconda dei casi, come quando diciamo "si, certo, come no!" per dire in realtà "secondo me non è così"...), ho voluto solo dimostrare che la conoscenza del vocabolario e della grammatica non sempre determinano anche una conoscenza della lingua e del suo reale utilizzo quotidiano, tale da poter essere lungi dal fallire nel riconoscerne alcuni punti (e non che io ora abbia questo chissà che livello eh... non vorrei passare per il "professorone" perchè proprio non lo sono, anzi! La mia fortuna è che la lingua la vivo più che studiarla, per cui vengo a conoscenza di alcune cose che dal mero libro non si possono ottenere...).

 

Se prendessimo un vocabolario e cercassimo la parola 好き (suki), troveremmo sicuramente la definizione "mi piace".

Ed è corretta.

Se voglio dire che mi piacciono i manga, ad esempio, direi マンガが好き (manga ga suki), e letteralmente sarebbe "mi piacciono i manga".

Se poi volessi enfatizzare potrei aggiungere 大 (dai) che sarebbe "grande" e quindi 好き diverrebbe 大好き (daisuki), ovvero "mi piace molto"... ma in realtà diventa una traduzione molto banale.

大好き non è solo un rafforzativo di 好き, ma indica proprio un amore, un'adorazione... パスタが大好き (pasuta ga daisuki) non è solo un "mi piace molto la pasta", ma è proprio un "adoro la pasta"!

Quante volte in italiano usiamo dire:

-"ti piace la cioccolata?"

-"io amo la cioccolata!"

Che cosa vogliamo dire? Che proviamo sentimenti, batticuore ed emozione, stando a contatto con la cioccolata? Che potremmo passare ore a tener abbracciata una tavoletta Kinder?

Usiamo il verbo "amare" per indicare "piacere molto"...

ed eccoci al punto: nella lingua giapponese è esattamente la stessa cosa!

Dire サッカーが大好き (sakka ga daisuki) vuol dire proprio "io amo il calcio", ma chiunque con un pò di buonsenso comprende che il reale significato è "io ho una grande passione per il calcio/mi piace davvero molto".

Ma se lo usassimo per parlare di qualcuno?

Se ti sentissi dire 君の事が大好き (kimi no koto ga daisuki) cosa potrebbe voler dire?

Beh, certo, se a dirtelo fosse tua figlia, probabilmente stiamo parlando della classica frase figlia-madre "ti amo"... ma se a dirtelo fosse una tua coetanea?

"Mi piace moltissimo ciò che è relativo a te" è la traduzione da vocabolario.

Ma siamo forse creature il cui cervello è dominato da Google Translator?

Direi di no.

Questa frase è semplicemente "io ti amo".

 

Sempre parlando di piccoli errori dettati dalla conoscenza prettamente grammaticale della lingua giapponese arriva il fatidico momento di parlare del verbo 愛する (ai suru).

Nel vocabolario la parola 愛 (ai) è tradotta come "amore".

Ed è vero, lungi da me negarlo.

Quindi, se teniamo conto che il verbo suru è molto simile al nostro verbo essere/fare, va da se che vien fuori un bel verbo "amare".

Ed è corretto anche questo.

Peccato che in giapponese, nel giapponese moderno parlato e vissuto, nessuno usi questa formula per dire il classico "ti amo".

 

È antiquato, risulta troppo "formale"... in pratica sentirselo dire, in giapponese, equivale al sentirsi dire, in italiano, dal proprio partner "provo seri sentimenti di genuino infatuamento nei tuoi confronti"... 

si, beh, in alcune situazioni potrebbe anche essere bello: nelle dichiarazioni romantiche e super-dolci dei film d'amore, nelle belle frasi dei poeti e nelle dichiarazioni da Baci Perugina da consegnare a S.Valentino...

E difatti, anche in giapponese, viene usata in questi contesti: film, serie tv (dette drama), manga e affini.

Ma nella vita reale, se la dico, la gente penserà: "ma come parla questo? Sembra un samurai..."

E a me va ancora bene, visto che sono straniero (per cui penserebbero semplicemente "che bravo, conosce questo vocabolo e sa coniugare bene la frase... peccato che però non sa che in giapponese non si usa..."), ma un giapponese risuonerebbe davvero, davvero strano...

 

E quindi, siamo tornati al punto di partenza: "giapponese" e "strano" nella stessa frase.

Che bel giro per, infine, non approdare a nulla!

 

 

 

Ah, piccolo post scriptum: oggigiorno, i giovani giapponesi, per dire "ti amo", non usano neppure più il 大好き di cui abbiamo parlato.. preferiscono direttamente il più romantico (secondo loro) "I Love You".