· 

La terribile dipendenza da Giappone

Mi capitava di restare seduto sul davanzale della finestra di casa mia, in Italia, col leggero portatile sulle gambe, ad osservare per ore una fotografia: era una foto che avevo scattato io. Non era niente di che, ritraeva un'anonima viuzza, delle semplici case, pali della luce i cui cavi attraversavano il cielo come una fitta ragnatela di un grosso ragno meccanico.

Non era un tramonto magnifico, né una splendida alba.

Non c'erano né brillanti grattacieli sullo sfondo e neppure faceva capolino un magnifico Tempio.

Nessuno, men che meno io, avrebbe detto che si trattava di una fotografia a regola d'arte, ma a me bastava uno sguardo e finivo per rimanerne incantato per ore.

È quello che si chiama "nostalgia", ma ciò che vedevo non era casa mia... non ancora, almeno.

 

Mi dicevano "ah ma da turista è tutto bello, poi quando ci vieni a vivere vedi come cambia"... 

 

Venni in Giappone la prima volta nel 2009, un viaggio di due settimane aggregato in un gruppo tramite agenzia turistica. Fu un viaggio da sogno: solo oggi che mi trovo a viverci mi accorgo che i ricordi si fanno sfocati.

Passeggiavo per le vie di Kyoto e mi fermavo a fotografare di tutto: le strade, le case, i negozietti... tutto.

Non avevo un cellulare moderno per immagazzinare migliaia di foto ma le scattavo con una macchina fotografica digitale e, tornando la sera nel Ryokan (l'albergo tradizionale in cui dormivo nel futon), usavo il PC con connessione internet che questo metteva a disposizione per scaricarle tutte nella mia email, in modo da poterne scattare tante altre il giorno dopo.

Quelle foto, una volta tornato in Italia, assieme a tantissimo tè verde comprato qui, mi accompagnarono ogni notte finì al 2013.

Non avevo idea che mi sarei innamorato così tanto del Giappone: ci ero venuto in visita perché mi intrigava, è vero, e perché avevo trovato l'offerta economicamente appetibile...

 

"Quando ci starai per più tempo vedrai che non ti sembrerà più così bello", intanto mi ripetevano.

 

L'idea di tornarci era sempre presente nei miei sogni ma non pensavo di venirci a vivere: un po' perché mi sembrava impossibile (anche grazie a tante voci che me lo ribadivano quasi con ferocia) e un po' perché non mi sentivo in grado, anche solo per la difficoltà della lingua locale.

Fu quando uno dei miei compagni di viaggio scrisse che si era iscritto ad una scuola di lingua giapponese per stranieri proprio in Giappone che mi dissi di provarci.

Magari solo un mese, mi dissi all'inizio, ma poi da un mese la voglia mi spinse a pensare a tre mesi e quindi, volendo provare l'esperienza di lavorare (part-time) in Giappone, decisi di provare per sei mesi.

 

"Vedrai, noi qui ci viviamo, dopo un paio di mesi vorrai scappare via", mi dicevano.

 

Deciso di andarci con i piedi di piombo: iscrizione a tre mesi di scuola e, se mi fosse piaciuto, eventualmente altri tre tramite Permesso di Soggiorno da studente.

 

Dopo tre mesi difficili (comunque avevo ancora lo scoglio della lingua e la continua preoccupazione del continuare a spendere senza aver introiti) ma bellissimi mi resi conto che non avevo nessuna intenzione di tornare in Italia, alla vecchia vita.

Iniziai il periodo in cui mi era concesso anche il lavorare.

 

"Quando proverai il mondo del lavoro giapponese, terribile, scapperai in Italia in lacrime", mi dicevano.

 

Fu la fortuna ma trovai un buon lavoro che mi avrebbe permesso di rimanere anche per anni e mi resi conto che era quello che volevo: oramai anche solo pensare di vivere altrove che qui mi era impossibile.

Mi inserivo ogni giorno di più nella società, mi facevo nuovi amici, buoni amici, e il lavoro andava benone.

I mesi divennero, senza quasi accorgermene, un anno.

 

"All'inizio è così, ma dopo qualche mese tutto cambia", dicevano. Ma ora, dopo un anno, la filastrocca del terrorismo era diventata "dopo un anno vedrai"...

 

Sono passati oramai quattro anni, tutti ricchi di esperienze difficili, stancanti, ma anche belle, emozionanti e felici.

Mi sono sistemato del tutto nel lavoro, mi sono sposato, mi sono inserito in questo mondo...

le voci che dicevano "eh ma tra poco vedrai che la magia finisce" oramai non le sento più e quando mi riferiscono che ancora riecheggiano dai loro cupi anfratti non posso che raccontare la mia storia, la mia e quella di tanti altri.

Tanti stranieri felici in Giappone che, anche a distanza di anni, continuano a viverne, affascinati, la magia senza assolutamente smettere di amare questo Paese.

 

E ogni sera, prima di dormire, non guardo più nessuna foto: mi affaccio, ugualmente innamorato, dalla finestra.